Si sente un continuo vociare all’estero circa la liceità o meno della famigerata imposta municipale applicata all’abitazione del cittadino italiano residente all’estero, e quasi tutti, candidati o no nelle ripartizioni estere, ne utilizzano le critiche per fare un po’ di sana campagna elettorale. Non voglio peccare di retorica nell’ammettere che la strumentalizzazione di una norma così complessa rischia di presentarsi come una mancanza di rispetto per i cittadini stessi direttamente coinvolti in queste disposizioni. Verrebbe da chiedersi: ma dove si trovavano queste persone al momento della discussione del Salva Italia del cosiddetto decreto fiscale e nei convulsi momenti di confronto in Commissione? Meno male che le tecnologie al momento consentono una tracciabilità puntuale delle attività e degli interventi altrimenti chissà i nostri amati candidati cosa sarebbero in grado di inventarsi.
Puoi consultare la pagina http://parlamento.openpolis.it/emendamento/195437 oppure http://xvi.intra.camera.it/126?tab=4&leg=16&idDocumento=5109&sede=&tipo
Quando è stata anticipata l’entrata in vigore dell’Imu (è bene ricordare che fu una norma BERLUSCONIANA) con il noto decreto Salva Italia, ho cercato in tutti i modi di ampliare il margine delle “agevolazioni” previste nello stesso provvedimento, e successivamente nel decreto fiscale, anche alle abitazioni principali dei cittadini italiani. Nell’ambito del decreto recante semplificazione fiscale, decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, malgrado l’impegno del Governo l’emendamento da me presentato è stato riformulato, sotto la spinta di un drammatico boicottaggio del Pdl che non ha tardato ad etichettare l’emendamento come “una cosa non importante”.
L’attuale formulazione fu l’unica soluzione percorribile e frutto di un laborioso confronto con il Governo, questa dispone che “i Comuni possono considerare direttamente adibita ad abitazione principale l’unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato”, sicuramente una nota positiva rispetto ad una porta completamente chiusa, come invece avrebbero voluto autorevoli colleghi.
L’elemento di presunta illegittimità alla luce della mancata applicazione di quanto disposto dall’art. 1, comma 4-bis, del D.L. 16 del 23 gennaio 1993, convertito con modificazioni dalla legge 75 del 24 marzo 1993, che ha stabilito che «…. per i cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato, si considera direttamente adibita ad abitazione principale l’unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata» è stato più volte evidenziato, ma la sussistenza di tale anomalia non ha bloccato l’entrata in vigore della disposizione poiché gli uffici competenti non ne avevano rilevato la sussistenza.
Malgrado tali aspetti, ho chiesto un impegno al Governo a rivedere il principio di discrezionalità dei Comuni riconosciuto all’art. 4 comma 5, lettera f) del provvedimento, consentendo il riconoscimento automatico come “abitazione principale” dell’unità immobiliare dei residenti oltre confine, in chiara ottemperanza con quanto sancito dalla legge 75/93. Un impegno che è stato accolto nell’ aprile 2012 proprio a margine dell’approvazione del decreto semplificazione fiscale.
Alla vigilia dell’applicazione della nuova imposta ho provveduto nuovamente a confrontarmi con il Governo attraverso un question time in commissione finanze proprio per capire le intenzioni del Governo sull’argomento, http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_16/showXhtml.Asp?idAtto=54202&stile=6&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMMEDIATA+IN+COMMISSIONE%27
Purtroppo il riconoscimento “automatico” dell’abitazione principale non è stato possibile sul breve periodo, anche in considerazione della fine della legislatura, ma l’impegno del Governo Monti rappresenta una premessa significativa per gli interventi che verranno.
*candidato al Senato con la lista Monti nella ripartizione estera Europa
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