Non si vuole fare un semplice esercizio di retorica, ma e’ forse il caso di soffermarsi ancora una volta sull’importanza che riveste la casa in Italia per gli italiani all’estero. La casa, che rappresenta per la famiglia italiana un bene prezioso da custodire e tramandare a figli e nipoti, è diventata per i connazionali del mondo motivo di preoccupazione e di ansia, dopo che il trattamento fiscale e la quantificazione degli oneri relativi, hanno reso praticamente impossibile ai più il mantenimento della proprietà e il sogno di poter tornare un giorno a ritrovare le proprie radici.
Tartassata da dazi e tributi che hanno il sapore di una vera e propria estorsione, la casa degli iscritti all’Aire in Italia è vista dal fisco come reddito da riccometro e non come ultimo baluardo da difendere a tutti i costi da parte di chi non vuole dimenticare o far dimenticare ai giovani le proprie origini.
Prova ne è la recente approvazione del decreto a favore dei pensionati, che ha creato una discriminazione nella discriminazione, facendo passare l’idea che possano essere solo loro a volere tornare, mentre spesso avviene che siano le seconde generazioni ad avere ereditato la casa di famiglia che loro malgrado non riescono a mantenere.
Nonostante le assicurazioni dei nostri eletti all’estero, vedi Garavini e tutti i deputati del Pd, circa un incontro con il Presidente dell’Anci ai fini di fare estendere le agevolazioni previste a tutti (e non, appunto, ai pensionati soltanto), l’incontro ad oggi non c’è stato e da diversi riscontri pare che i Comuni non solo non abbiano concesso aliquote da prima casa, ma abbiano addirittura rincarato la dose, anche per effetto dell’addizionale Tasi.
Considerare la casa degli italiani all’estero solo come un semplice simbolo del loro legame con l’Italia, sarebbe molto riduttivo; essa rappresenta molto, molto di più. Essa è la materializzazione, mattone su mattone, di tutta l’intensità, la drammaticità, la rabbia, il dolore, la frustrazione, il riscatto e la sofferenza della storia del connazionale residente all’estero, del suo attaccamento ad un sogno o ad un’aspettativa e prospettiva di vita, segnata inesorabilmente dall’esperienza del distacco.
Chi è stato costretto a lasciare il proprio Paese e a cambiare il proprio percorso di vita, si sente allontanato dal traguardo, suo e della sua famiglia, di un ritorno, che non si è ancora materializzato e che forse mai potrà verificarsi, anche per una sua scelta necessaria. Traguardo in cui ha sperato con ostinazione e che non si è affievolito nel tempo: punto fermo della sua esistenza, elemento fondamentale del pensiero da cui trae la forza per non soccombere; punto di approdo reale per sentirsi ancora parte di una nazione e di un popolo.
La casa in Italia è la risposta al bisogno di dimenticare dolorose situazioni di disagio sociale a lungo interiorizzate; è la memoria della propria storia coniugata insieme al riscatto dalla necessità; è il frutto del compromesso tra l’aspirazione ad una condizione di vita migliore in prospettiva e la possibilità di illudersi che ci sarà un ritorno.
E’ proprio per questi significati, profondi e pregnanti, che l’italiano all’estero respinge con forza le decisioni del governo e dei Comuni, che considerano la casa in Italia come l’investimento di una presunta vita agiata, mostrando di ignorare quanto i sentimenti e i valori che ci uniscono possano incidere sulla volontà di conservare un bene di famiglia, anche modesto, che possa servire a ricostruire nel tempo il proprio mondo e la propria storia.
E’ per questo che gli italiani all’estero continuano e continueranno a rivendicare il diritto al riconoscimento universale della loro casa in Italia come prima casa e il pagamento degli oneri su di essi in base all’adozione di criteri giusti ed equi come stabilito dall’emendamento a favore dei pensionati all’estero, in cui si riconoscono.
E’ per questo che gli italiani all’estero respingono commenti, provocatori e irritanti, da parte di alcuni loro eletti all’estero. Commenti derivanti forse dal fatto che il loro vissuto personale non coincide con quello della maggior parte dei nostri connazionali nel mondo. Sarà forse perchè hanno cominciato a frequentare l’Italia soltanto adesso per l’esercizio del loro mandato elettorale, o sarà perché mancano delle motivazioni affettive e non ritengono vantaggioso investire in Italia, nonostante i lauti stipendi elargiti dallo Stato italiano e quindi dai contribuenti.
L’immobile di per sè, scevro del risvolto sentimentale, costituisce per i connazionali un investimento poco redditizio, di cui sarebbe certo più conveniente liberarsi. Per l’economia del Paese invece, la casa dell’italiano all’estero in Italia, finchè continuerà a identificarsi come tale, rappresenta un elemento di ricchezza e di profitto, perchè ad essa è legata la presenza del suo attuale proprietario e dei suoi futuri eredi. E questo significa sicuro flusso di capitale proveniente dall’estero su cui l’economia italiana potrà sempre contare; sempre che l’indifferenza e l’incapacità a cogliere le potenzialità che il fenomeno offre, non costringano i possessori di casa a vendere l’immobile e seppellire un sogno.
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