Della serie: "Tutto quello che i politici non dicono". Presi dall’euforia per il positivo esito dell’emendamento che ha previsto l’assimilazione ai fini Imu della casa dei pensionati italiani all’estero – con relativa riduzione di Tari e Tasi -, i nostri emeriti eletti all’estero, nei loro commenti a seguito della sua approvazione, piovuti da tutte le parti, hanno dimenticato di evidenziare che sostanzialmente, parte del provvedimento approvato troverà copertura finanziaria anche, o soprattutto, mediante una maggiorazione di entrate su cui potranno contare per effetto della eliminazione della facoltà dei Comuni di poter considerare l’abitazione dei residenti all’estero come prima casa, riducendo di fatto il novero dei possibili beneficiari che a partire dal 2015 potranno essere solo i pensionati.
La quota sulle seconde case per gli italiani all’estero sarà addirittura superiore a quella dei residenti in Italia sia per l’Imu, che per la Tasi e la Tari, inglobando essa anche la quota parte non più a carico dei pensionati per l’effetto dell’assimilazione e della riduzione; gli italiani all’estero così saranno costretti a pagare ulteriori oneri che dovrebbero essere giustamente soprattutto a carico dei residenti.
Il principio secondo il quale era stata concessa facoltà ai Comuni di stabilire le aliquote sulle case per i residenti all’estero è stato giustamente eliminato. Ne consegue, inoltre, che ancora una volta a rimetterci saranno quei connazionali, circa il 20%, che, depennando gli eventuali pensionati, dovranno versare una quota maggiorata rispetto alla precedente, anche se i loro Comuni avevano previsto l’assimilazione a prima casa delle loro abitazioni.
A partire dal 2015 infatti avremo, per gli italiani all’estero, solo due tipologie di aliquote ai fini fiscali: a) l’aliquota prima casa per i pensionati; b) l’aliquota seconda casa per tutti gli altri non pensionati. Di conseguenza coloro che fino adesso avevano il riconoscimento come prima casa, verranno assoggettati all’aliquota come seconda casa.
Quindi lo Stato e i Comuni, da una parte danno e da una parte ricevono. E’ il caso forse di lasciare ai nostri eletti all’estero il compito di verificare chi ci perde e chi ci guadagna; compito che è meglio lasciare all’on. Luara Garavini (Pd), visto che ha già dato ampia dimostrazione delle sue capacità di quantificare l’ampiezza del fenomeno.
Sostanzialmente per effetto dell’approvazione del decreto legge in questione, sono stati introdotti requisiti più severi, mentre si chiedeva per tutti l’applicazione dello stesso trattamento. I connazionali all’estero, senza ombra di dubbio, sono stati ancora una volta penalizzati.
Possiamo pertanto ritenere a buon ragione che dopo l’inganno ne è seguita la beffa. L’inganno è costituto dal fatto che le misure adottate non hanno risolto il problema, anzi lo hanno inasprito, disattendendo le giuste attese da parte di tutti i connazionali e le tante promesse fatte. L’italiano all’estero era e resta discriminato.
La beffa è invece costituita dall’effetto boomerang, in quanto buona parte di questi effetti si ripercuoteranno sui connazionali medesimi.
Intanto i nostri cari eletti all’estero e il nostro nuovo messia Renzi, con il conforto e l’ammirazione da parte degli eletti all’estero e di tutto l’apparato del suo partito oltre confine, continueranno a pavoneggiarsi per l’esito di un voto previsto e concesso per finalità diverse rispetto al significato che gli si vuole strumentalmente attribuire.
In particolare i suoi fedeli eletti all’estero continueranno a fregiarsi di un apparente merito per aver posto da parte dell’attuale governo Renzi e del Pd una nuova – a loro dire – attenzione nei confronti degli italiani nel mondo. Più che nuova, si potrebbe dire tipica del Pd, sia nella strategia che nella sostanza. Si continua difatti, come da tradizione Pd, ad ingannare e a beffare gli italiani all’estero.
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