“L’Europa prenda esempio dal Canada”, sentenziava il 21 aprile scorso il Primo Ministro Paolo Gentiloni sulla gestione degli immigrati, e dei rifugiati in particolare, in occasione del bilaterale con Justin Trudeau a Ottawa. Un concetto ribadito la settimana scorsa anche dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in visita di Stato: “Il Canada serva da esempio al mondo per comprendere il valore dell’accoglienza e della capacità di integrazione”. Peccato che il Canada non sia l’Europa, signor Presidente, e che l’oceano Atlantico non sia il Mar Mediterraneo. In altre parole: il sistema di immigrazione di Ottawa non è replicabile nel Vecchio Continente.
È giusto avere dei modelli di riferimento, soprattutto se funzionano, ma senza la giusta contestualizzazione – storica, politica, economica e geografica – si rischia di perdere il contatto con la realtà, scadendo nella retorica.
Innanzitutto il Canada è una confederazione suddivisa in 10 Province e 3 Territori, con una corposa ‘avanguardia’ di comunità maghrebine sempre più integrate nel tessuto sociale, mentre l’Europa – che ha appena perso un pezzo pregiato come la Gran Bretagna (Brexit) – è essenzialmente un’unione monetaria (l’Euro è la valuta ufficiale in 19 dei 28 Paesi membri) senza un’identità politica condivisa (peraltro sbilanciata sull’asse franco-tedesco) e con gli immigrati nordafricani guardati ancora con diffidenza e sospetto.
Sprovvista di una politica estera comune, l’Italia, con i suoi 8000 km di costa e la prossimità col Nord Africa ed il Medioriente, è condannata a gestire da sola l’esodo biblico di profughi. Con tanti saluti al principio dell’accoglienza condivisa per quote fra gli Stati-membri. Il sistema di immigrazione canadese, invece, dopo le ‘porte spalancate’ dei decenni passati, quando serviva forza-lavoro per costruire strade e ponti, è rigido e selettivo, non ammette deroghe o eccezioni, sia per i rifugiati richiedenti asilo politico che per i cosiddetti “immigrati economici”.
Immigrare in Canada è un lusso
Immigrare in Canada, oggi, è un lusso. Già la posizione geografica rappresenta, di per sè, un valido deterrente: sulle coste canadesi non sbarcheranno mai flotte di clandestini su barconi malandati. Per “toccare” terra canadese ci sono tre modi: su una nave-crociera (mediamente 20 giorni), in aereo (7/8 ore), in entrambi i casi con un esborso minimo di 1.000 $ a cranio; e via terra, attraverso l’inflessibile e meticolosa frontiera americana. In tutti e tre i casi, chi parte deve essere supermotivato e con le carte in ordine. Già alla partenza, infatti, ciascun passeggero subisce uno “screaning” approfondito ed i documenti vengono ‘passati al setaccio’.
Chiunque voglia venire in Canada può farlo come studente, in qualità di lavoratore qualificato (in un momento in cui la Provincia è deficitaria di quella figura professionale), come lavoratore autonomo qualificato (più difficile), tramite sponsorship aziendale (contratto di lavoro), come immigrato d’affari intenzionato ad investire (minimo 400 mila $), attraverso un ricongiungimento familiare oppure beneficiando dello status di rifugiato.
In quest’ultimo caso, come dimostrato recentemente con i quasi 50 mila siriani giunti su comodi charters negli aeroporti canadesi, chi scappa dalla guerra viene messo nelle condizioni migliori per rifarsi una vita con tanto di alloggio, indumenti, visita sanitaria, assegno mensile e residenza permanente, come “regalo di benvenuto”.
In Canada 50.000 rifugiati in 8 mesi; in Italia 12.000 in 48 ore
Un dato su tutti: in Canada, dopo minuziose e severe procedure, sono arrivati circa 50.000 rifugiati in 8 mesi; in Italia 12.000 in 48 ore. Insomma, il Canada, 33 volte l’Italia e 36 milioni di abitanti, è un bellissimo Paese, civile e accogliente, ma si ‘arroga il diritto’ di scegliersi i cittadini di domani: 275 mila l’anno scorso, in base alle competenze professionali e alle specifiche necessità del mercato.
Pochi fronzoli. Se non si rientra in nessuna delle categorie previste, la ‘tolleranza’ dura 6 mesi: dopodiché, da ‘turista’ a ‘ricercato’ il passo è breve.
Di fronte ai requisiti richiesti disattesi, il rimpatrio è immediato: decollo 5 ore dopo l’atterraggio, Roma-Montreal-Roma in 24 ore. Come successo al sottoscritto, cittadino di un Paese ‘amico’, per un permesso di lavoro scaduto (nonostante il rinnovo fosse in arrivo nella buca della posta). Un cavillo burocratico. Tant’è: dura lex, sed lex. Il Canada non scherza: ti vizia e ti ammalia, ma se tradisci e non rispetti le regole ti punisce. Questa è la dura realtà. Al netto degli slogan.
L’Europa dei veti e dei continui ed inutili summit, con lo stato-membro Italia sempre più abbandonato al suo destino di ‘Repubblica marinara’ allo sbaraglio (la storia, a volte, sa essere beffarda), è un’altra cosa.
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