Come al solito nel Partito Democratico se le danno di santa ragione. Francesco Boccia è tornato sul battibecco avuto con il ministro Carlo Calenda: “Ha avuto una caduta di stile, non è la prima, non sarà l’ultima. Ogni volta che chiedo a Calenda il perché della sua scelta sulla questione Ilva mi risponde che lui ha fatto una gara, come se noi fossimo tutti dei creduloni. Una cosa sono le gare, un’altra le scelte politiche ed è evidente che da un cambio all’altro di Governo il nostro Governo ha indirizzato cassa depositi e prestiti dalla cordata che era guidata da Jindal, un’azienda che non ha stabilimenti in Europa e che portava con sé imprenditori importanti, al sostegno di Mittal, che è la prima azienda al mondo ma è piena di stabilimenti in Europa e fa del Dio carbone il proprio Dio”.
“Visto che parliamo dell’Ilva – prosegue Bocca parlando a Radio Cusano Campus -, la più grande acciaieria in Europa, con un disastro ambientale accertato, abbiamo il dovere di garantire ai tarantini che non accadrà più quanto accaduto”.
“Ritenevamo che una valutazione maggiore sul progetto di Jindal, su un percorso di decarbonizzazione e anche su imprenditori italiani e importanti che erano alle spalle, fosse più opportuno e necessario.
Calenda non ha capito che noi anche se mangiamo polpi e cozze sappiamo leggere e scrivere. Abbiamo voluto spiegargli che la Puglia è un altro Sud, un Sud che già ce l’ha fatta. Non ci facciamo dire qual è la strada migliore. Il nodo è uno solo, la vertenza Calenda non l’ha chiusa e non è vero che la colpa è di Emiliano. L’unica colpa di Emiliano è quella di avere un rapporto diretto con il popolo tarantino”.