Ormai non è più solo gossip di palazzo. Il “dopo Renzi” è iniziato davvero. Sergio Mattarella ha messo un paletto chiaro: se la riforma della Costituzione venisse bocciata dagli elettori si aprirebbe un problema sulla legge elettorale, perché i due rami del Parlamento verrebbero eletti con due sistemi profondamente diversi, antitetici, che potrebbero solo creare instabilità. Dunque, se Renzi decidesse di restare comunque in carica, bene, ma in caso contrario il problema di ritoccare la legge elettorale ci sarebbe comunque e, quindi, un governo di scopo non si potrebbe escludere. Uno scenario che contrasta con quanto dichiarato dal premier-segretario in direzione Pd: "C’è qualcuno che pensa sinceramente che nel caso in cui il referendum si concludesse con un no, dal presidente del Consiglio – aggiungerei anche il Parlamento, ma non mi riguarda – possa non esserci una presa d’atto? Se c’è qualcuno gli faccio i complimenti".
Come si vede , “la situazione è delicata e tutto può accadere”, per dirla con uno degli uomini più vicini a Renzi. Che spiega che Renzi non ha comunque intenzione di lasciare la guida del partito e, anzi, vuole essere comunque lui a dare le carte, anche nel dopo-referendum.
Italicum? Per ora il premier fa capire che preferisce tenerlo così com’è, ma da qui a dopo l’estate davvero non si sa cosa possa accadere. Perché è anche possibile che alla fine si metta mano alla legge elettorale, magari per portare a casa il Sì al referendum. "Tornare al premio di coalizione permetterebbe di dialogare con Ap, con la minoranza Pd e con la stessa Fi", ripetono dalle parti di Franceschini. Con un avvertimento: "Renzi sbaglia se pensa di poter trascinare il Pd sulla linea ‘dopo di me il diluvio’. Se lui perde il referendum, e si dimette, ci vogliono 10 minuti a fare un altro governo e a trovare un accordo per una riforma dell’Italicum".
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