In Italia se ne parla poco, ma sui media latinoamericani uno degli argomenti del giorno è la visita di Papa Bergoglio in Cile. Tra l’altro è stato annunciato che Bergoglio si riunirà con alcune vittime del regime di Pinochet.
Orbene, in Cile il regime militare terminò ben ventotto anni fa. Da allora si sono succeduti governi democratici, e la crescita economica del Cile è stata ininterrotta e lo ha portato ad essere il paese più sviluppato dell’America Latina.
In un’intervista pubblicata da La Stampa, il gesuita padre Montes fa presente lo straordinario incremento del prodotto pro-capite cileno, moltiplicato addirittura per cinque, e la riduzione dell’indice di povertà, passato dal 43% al 11%. Certo, non tutti i problemi sociali ed economici sono stati risolti e permangono fasce della popolazione che sono sofferenti. Ma qui sta la diversità tra l’economia di mercato e i regimi comunisti.
La prima, pur con tutti i suoi difetti, porta benessere alla grande maggioranza della popolazione e offre opportunità di sviluppo, di cui in una qualche misura godono tutti. Il comunismo invece distribuisce egualitariamente la povertà. Osservando i diversi paesi, il paragone è impietoso.
A Cuba il popolo ha garantita solo una situazione di sussistenza, ma sotto un regime ferreo che non ammette la dissidenza e la reprime duramente. O, peggio ancora, in Venezuela, dove la popolazione è stata portata alla fame e sull’orlo della catastrofe. E dire che ancora l’anno scorso una delegazione italiana del M5S è andata a Caracas a rendere omaggio al governo chavista. Il che rappresenta un’ennesima ragione per evitare di lasciarsi attrarre dai demagogici programmi di quel partito, statalista, pauperista e dirigista, che, se arrivasse al potere, porterebbe l’Italia alla rovina.
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In Cile la visita di Bergoglio sta ricevendo violente contestazioni, ma da sinistra. Chissà che non sia per captare la loro benevolenza, che il Papa abbia programmato quell’incontro. Certo, il regime di Pinochet fu dittatoriale. Secondo le stime ufficiali di Amnesty International, causò 2.298 morti e 1.210 “desaparecidos”. Ma ebbe il merito di evitare al paese la sciagura del comunismo.
Bergoglio dovrebbe anche ricordare i milioni di morti di tutte le passate rivoluzioni e dei regimi comunisti nel mondo. Ma tant’è, in Occidente il comunismo gode tuttora della benevola considerazione di troppi intellettuali e politici, nonchè di quella di una fascia (per fortuna minoritaria) della popolazione.
A Cuba Bergoglio non solo si recò personalmente ad omaggiare il dittatore Fidel Castro, ma si rifiutò di ricevere una sparuta rappresentanza degli oppositori, che il regime ha ridotto ai minimi termini e che – al giorno d’oggi, non trent’anni fa – vengono continuamente vessati e incarcerati, nella totale indifferenza dei paesi occidentali, in primo luogo della UE, che ha già inviato tre volte a Cuba la sua “Alta Rappresentante” Federica Mogherini. Ma che cosa potevamo aspettarci dalla Mogherini?
Da giovanissima fece in tempo ad iscriversi al Partito Comunista, poco prima che quello, per farsi un lifting, cambiasse nome. Quell’iscrizione evidentemente le è risultata molto utile. Grazie a quella e poi alla improvvida spinta di Renzi, oggi costei indossa una veste che le sta grande e le cade dalle spalle. Ma questo a certi politici poco importa. Basta darsi un’aria seriosa e, imperturbabili, seguire la corrente.
Oggi, per lavarsi la coscienza, alla Mogherini e a tanti altri politici, visitando Cuba sono sufficienti poche retoriche parole e affermare che “permangono differenze sui diritti umani”. Dopo di che, si possono fare allegramente incontri, ricevimenti, accordi commerciali, e in questo modo fornire ai capi del regime gli strumenti per garantirsi una parvenza di legittimità e, ciò che a loro pìù importa, la propria continuità.