Quattrocento anni esatti dalla sua morte. Ma di chi? Questo è l’incredibile e paradossale mistero sull’identità del più grande drammaturgo di tutti i tempi; William Shakespeare, il Deus ex machina della letteratura planetaria. Forse, oggi, da considerare uno dei più grandi rompicapi degli ultimi due mila anni di storia dell’umanità. Già, perché chi era veramente costui? 154 sonetti; uno “scrigno” di perle e saggezza uniche, rare e irripetibili. Sembrano “fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni” e concepiti, parola per parola, da una persona molto extra e poco terrestre.
Opere teatrali imponenti, basate sulla reale vita di corte, sui segreti, i misfatti e gli aneddoti che in pochi potevano conoscere in quel lontano XVI secolo.
Oggi ancora si parla di quel “Romeo and Juliet”, come del capolavoro per antonomasia, di quel balcone e di quella città veneta. Oggi ancora si discute sull’essere o il non essere, perché questo è rimasto il problema, sulla morbosa gelosia del Moro di Venezia o su quel “regno per un cavallo” del perfido Riccardo III. L’uomo caduto dal cielo che tutti chiamano Shakespeare ha sfondato il muro dell’immortalità ed è divenuto vera leggenda. Sappiamo tutto sulla vita degli artisti, anche di meno calibro e cronologicamente antecedenti.
Di Giotto l’intero suo percorso, di Raffaello, Leonardo, Dante e, per andare ancora indietro con gli anni, perfino di letterati dell’epoca di Platone e di Aristotele. Di questo signore, universalmente conosciuto come Shakespeare, praticamente poco che niente. Mistero! Buchi di decenni nella sua identità, eppure l’Inghilterra di quell’era è piena di notizie e carteggi. Il padre era un acconciatore di pelli (forse), un consigliere comunale (forse), di umili origini, e William nacque nella piccola località di Stratford on Avon. Il forse è d’obbligo, perché non si sa né la data certa della sua nascita né quale santo lo abbia salvato dalla peste che colse gran parte dei sui concittadini. Pressoché analfabete le sue figlie e dei suoi studi pressoché il nulla! Si ipotizza che abbia frequentato un semplice istituto paesano e nessun college, ma del suo materiale scolastico ancora e per l’ennesima volta nessuna traccia. Gli “anni perduti” costituiscono un silenzio tombale durato quasi una decade. Un “fantasma” per i biografi di tutto il mondo. Lui però sa tutto; vita di corte, dettagli sui regnanti, particolari impressionanti su cortigiane e ambienti altolocati di quel periodo. La domanda dunque sorge spontanea. Chi è e come fa questo genio assoluto a scrivere, parlare e pensare in quella maniera? Come fa, un povero ragazzo di campagna a snocciolare certi meravigliosi argomenti e con uno stile talmente raffinato?
Per dire semplicemente; vai a prendermi un bicchiere d’acqua… lui era capace di dirlo in questa maniera; “stimato giullare, metti le ali ai piedi, prendi con dolcezza il calice che ti ho posto tra le tue delicate e vellutate mani, dirigiti con leggerezza verso quella pura e candida sorgente e torna, da me, per far si che io possa abbeverarmi, grazie al tuo bellissimo gesto”. Ebbene, in tutto ciò qualcosa non quadra. Tra le varie teorie degli storici la più accreditata è quella che vede nell’artefice di tanto “supremo” talento un nobile, e per la precisione, il XVII Conte di Oxford; Mr. Edward De Vere, nato il 12 Aprile 1550. Quasi coetaneo con il presunto Shakespeare ma con una sostanziale differenza; vicinissimo alla Regina Elisabetta I e profondo conoscitore dei segreti di Corte; quelli descritti nelle numerose opere del poeta. E perché dunque questo incomprensibile “furto” d’identità? E’ esistito un vero Shakespeare di Stratford che per taluni studiosi (tra i quali Michael Heart) è stato un commerciante di stoffe poi inspiegabilmente divenuto ricco, per altri invece un attore teatrale di poco conto che si esibiva in varie location di Londra? Per lui però né Oxford né Cambridge, e nessun dato certo sugli anni più importanti. Commerciante o commediografo? Drammaturgo o umile “attoretto” itinerante da pochi spiccioli? 13 commedie, 13 drammi storici, 6 tragedie, 4 tragicommedie oltre ai sonetti sopra citati. Un vero e proprio patrimonio, che ancora oggi fa sognare milioni di lettori e spettatori.
La figura di Edward De Vere, come suo “creatore”, è quella più avvalorata, in quanto emergono diversi motivi che potrebbero aver spinto il “Lord” a chiedere “in prestito” il nome a questo signore. Che poi è da capire anche se entrambi siano stati d’accordo oppure se il ricco feudatario abbia usurpato abusivamente l’identità senza alcuna remora. Sta di fatto che, nell’Inghilterra elisabettiana, uno nella posizione di De Vere non poteva e non doveva abbassarsi a scrivere commedie teatrali, non poteva e non doveva partorire “poesie” o racconti d’amore; questo era riservato ai giullari, ai teatranti e non certo all’alto rango. Disdicevole e poco signorile per chi, come lui, era seduto accanto alla corona reale. Potrebbe essere dunque una passione sconfinata che Edward nutriva per le arti letterarie e recitative, soppresse e costrette ad uscire allo scoperto solo tramite falso nome. Questo rampollo aveva tutte le carte in regola per creare certe stupende “prodezze” e soprattutto era a conoscenza dei retroscena di corte, talvolta imbarazzanti e poco lusinghieri. Amanti segreti tra le lenzuola pregiate di nobildonne e principesse, uccisioni misteriose in castelli e dimore, regnanti tiranni e descrizioni di “balconi” fuori confine. Dettagli talmente precisi che un “popolano” come quello nato a Stratford non poteva non solo sapere, ma neanche immaginare.
D’altro canto però impossibile che il De Vere potesse a suo nome screditare e sbandierare ai quattro venti gli “affari” interni, i panni sporchi. E allora? E allora per appagare il suo amore assoluto per la letteratura si è servito probabilmente di uno pseudonimo (un Nick name potremmo definirlo oggi), appartenuto ad un altro uomo e crearsi così la copertura perfetta! Ancora, dopo mezzo millennio, le parole di questa entità, chiunque essa sia, risuonano alte e significative, tramite i suoi scritti, i suoi drammi e i suoi capolavori. Ancora, dopo mezzo millennio, si cerca chiarezza su questa enigmatica vicenda, accaduta oltremanica e in uno dei luoghi più “mistici” d’Europa. Staremo per caso dinanzi al più grande bluff che il mondo abbia mai conosciuto? “Datemi una maschera e vi dirò la verità”, questa l’originale teoria di Oscar Wilde e – considerato quanto traspare dai fatti – mai parole furono più giuste.
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