Voglio disperatamente cercare di essere obiettivo, sereno, non demagogico, ma non riesco a provare che un profondo imbarazzo verso il governo Conte, soprattutto per la quotidiana incapacità a misurarsi sui problemi. Servirebbe tempestività, rigore, decisione, idee chiare… invece vince sempre e soltanto la tecnica del rinvio.
Ormai il metodo l’abbiamo capito: non si può decidere niente e quindi perennemente si rinvia, intanto uno dei giornali di “copertura” (La Stampa, Il Corriere della Sera, Repubblica…) ospita un giorno sì e l’altro pure due paginate di intervista a Conte con domande pilotate e il Premier – anziché spiegare agli italiani perché NON riesce a fare le cose – ci spiega del felice mondo che verrà e degli immancabili (suoi) destini.
Tra domande pilotate e risposte scontate si salta di problema in problema con quotidiani proclami del tipo “effetto annuncio” e così scatta la polemica quotidiana nella stessa maggioranza, si dimentica l’attualità delle cose per accapigliarsi su tematiche nuove – spesso nemmeno abbozzate – che a loro volta scatenano polemiche virtuali prima ancora che abbiano un minimo di concretezza.
Qua e là balle colossali del Premier tipo “Siamo orgogliosi di aver trovato risorse per 23 miliardi in finanziaria” quasi che anche i ragazzi delle scuole medie non abbiano capito che è stata una “manovra a deficit” e quindi le “risorse” sono in realtà nuovi debiti che qualcuno (forse) un domani pagherà.
La realtà è ben diversa: la legge di bilancio prevede il mostro di addirittura 134 decreti attuativi per essere pienamente operativa (decreti che a nascere impiegheranno anche anni, con ingarbugli e “manine” non disinteressate che ne piloteranno i testi ben lontano dagli occhi del pubblico) mentre tutti i nodi sembrano aggrovigliarsi e nessuno sciogliersi.
Sono aperti ben 160 “tavoli di crisi” per aziende decotte a livello nazionale (a proposito, chi manovra le nomine dei Commissari, professione ben pagata?) e infiniti dossier insoluti dall’Alitalia all’Ilva, da Autostrade alla prescrizione. Visto che scegliere significherebbe scontentare qualcuno, non scegliere vuol dire tirare a campare e ciascuno di voi può vedere e giudicare quale sia la strada scelta dall’esimio professor Conte.