“La separazione per infelicità di uno dei coniugi da noi è sempre esistita”. Lo dice l’avvocato Lorenzo Puglisi, Presidente e fondatore dell’associazione Familylegal. Ma che significa divorzio per infelicità? “Significa che, se intervengono fatti o circostanze idonee a ledere quello che tecnicamente viene definito l’affectio coniugalis, è sempre possibile chiedere al tribunale di dare atto della separazione”.
Nel dettaglio, questo può avvenire “quando uno dei coniugi ritiene intollerabile la prosecuzione della convivenza. Dunque, anche in assenza di fatti oggettivi, può chiedere la separazione anche solo sulla base di un proprio personale convincimento. Due le vie: consensuale, se c’è l’accordo tra i coniugi, e giudiziale se uno dei due si oppone. Nel primo caso per il divorzio bisognerà attendere 6 mesi, nel secondo 12”.
Insomma, spiega l’avvocato all’Adnkronos, “è possibile chiedere la separazione perché mia moglie, o mio marito, mi rende infelice senza contestualmente chiedere l’addebito. Se poi le condotte del coniuge si sostanziano in fatti ben circostanziati – tipo adulterio o maltrattamenti, il cui onere della prova è a esclusivo carico di chi li sostiene – a quel punto è certamente possibile chiedere di addebitare la separazione”.
OCCHIO! Se uno dei coniugi decide di andarsene di casa senza il consenso dell’altro, rischia. Ciò, infatti, costituisce violazione di un obbligo matrimoniale ed è conseguentemente causa di addebito della separazione. ATTENZIONE, però: qualora il coniuge fosse legittimato da una “giusta causa”, allora non ci sarebbe alcuna violazione.
Per chiarezza: anche la mancanza d’intesa sessuale può rappresentare, appunto, quella “giusta causa” che legittimerebbe il coniuge ad andarsene e, magari, pure a cercare di rifarsi una vita, guardando al futuro.
Spiega ancora il matrimonialista: ”La mancanza di intesa sessuale costituisce a tutti gli effetti una giusta causa, pertanto mancando un rapporto sereno ed appagante, l’abbandono non può giustificare la pronuncia di addebito”.