Dalla moda alle automobili, dall’architettura e l’arte alla musica e al design: il “parlare italiano” viene sempre più usato nelle strategie di comunicazione, a livello mondiale, per sottolineare il legame con l’Italia e garantire a marchi e aziende quel valore aggiunto che risponde al nome di made in Italy. E’ questo uno dei temi prioritari del convegno “Riparliamone: la lingua ha valore”, promosso dalla Farnesina, su impulso del sottosegretario agli Esteri Mario Giro e in collaborazione con il Comune di Firenze.
“I nostri messaggi, così come i nostri prodotti, devono essere unici ma riconoscibili, attraenti e memorabili, ma soprattutto rilevanti: è proprio così che l’Italia e la cultura italiana, riconosciuta in tutto il mondo, si delineano strumenti per vendere prodotti all’estero” ha detto Carlo Colpo, responsabile Fiat Brand marketing Comunicazione – Emea, durante il dibattito “L’italiano valore per il sistema economico”. “La Fiat – ha continuato Colpo – usa l’italiano in tre modi: come lingua (la dolce lingua), come personaggio (estetica e linguaggio corporeo) e come gestualità (con il dizionario dei gesti che completa quello delle parole)”.
Centrale, quindi, l’azione di promozione dell’italiano e il coinvolgimento del mondo delle imprese. Secondo Vittorio Sun, direttore generale della Beijing Design Week “il design è una filosofia e un’attitudine tutta italiana che non c’è in altre parti del mondo”. Il valore della lingua richiama l’importanza assunta nel campo economico, commerciale, mediatico e della forza evocativa della parola. Sempre più spesso aziende straniere ricorrono a messaggi pubblicitari che usano l’italiano per sedurre il consumatore e attirarlo verso prodotti che richiamano il tessuto produttivo italiano. “Mettere a sistema la bellezza e valorizzare economicamente il patrimonio italiano” è quello che ci si aspetta dall’Italia secondo Andrea Illy, presidente e Ad di Illy Caffè. “Dobbiamo fare sistema dando visibilità ai nostri punti di forza: la lingua e l’informazione sul nostro patrimonio – ha continuato Illy – ma c’è bisogno di business per investire”.
FARE SISTEMA Una battaglia, quella per promuovere la lingua italiana nel mondo, che “deve cominciare proprio in Italia – ha sottolineato Marco Biffi, dell’Accademia della Crusca – Portale della lingua italiana nel mondo – e di questo tutti gli uomini istituzionali devono prendere coscienza”. Biffi ha poi spiegato la decisione di “portare la lingua italiana nel mondo attraverso un portale che vuole essere un contenitore di informazioni, un aggregatore di contenuti, che nasce per dare un accesso chiaro e sistematico a tutto ciò che serve per studiare l’italiano”.
Alessandro Masi, segretario generale della Società Dante Alighieri, ha invece acceso i riflettori sulla Cliq (Certificazione lingua italiana di qualità), che “vuole dare uno standard di qualità, di certificazione e di conoscenza, perché il percorso formativo, all’estero come in Italia, deve essere certificato per dare certezze”. E per essere certificato, conclude Masi, “c’è bisogno di formare il corpo docente estero e stringere partenariati con enti esteri”.
“Riparlare della nostra lingua vuol dire riflettere sulle azioni che può sviluppare ogni soggetto, istituzionale e non, che partecipa alla sua diffusione, per poi metterle sinergicamente insieme in modo da rendere efficace la loro implementazione e da far partecipare il maggior numero di persone al ‘piacere’ della conoscenza della lingua e della cultura italiana”. Lo ha sottolineato Gabriele Toccafondi, sottosegretario del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Secondo Toccafondi è importante “tenere d’occhio le esigenze degli studenti e le ragioni per le quali hanno intrapreso il cammino della conoscenza della lingua italiana: non solo lingua, ma cultura, moda, commercio, arte e design, la cosiddetta ‘microlingua’”.
“Per rispondere adeguatamente alla richiesta di apprendimento dell’italiano è necessario puntare sulla formazione dei docenti che insegnano sia in Italia che all’estero, facendoli uscire da una solitudine professionale condividendo modelli strutturati di insegnamento e creando opportunità di scambio di materiali e approcci”. “Ora abbiamo tutti gli strumenti per sostenere i docenti vecchi e nuovi: internet, social network, il portale della lingua italiana, l’associazione CLIQ, possono rispondere nell’immediato ai bisogni di formazione e informazione” ha continuato Toccafondi sottolineando, però, il bisogno di “una regia per far sì che tutti gli approcci e le idee vengano armonizzati per offrire un prodotto unico e non frammentato”.
Il Miur, ha ricordato il sottosegretario, “ha lavorato alla definizione dei requisiti imprescindibili per poter accedere alla nuova classe di concorso A/23 da parte di docenti che vogliano insegnare l’Italiano come lingua Seconda perché essere italofoni non basta per insegnarlo, bisogna avere una preparazione ad hoc”. La costituzione di una classe di concorso dedicata a questo insegnamento “si rivela fondamentale non solo per la diffusione della lingua italiana all’estero ma anche per l’apprendimento della lingua da parte di studenti stranieri residenti nel nostro Paese” ha concluso Toccafondi.
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