Un nuovo sisma di magnitudo 6.4, con epicentro a 180 chilometri a nord-est della capitale giapponese, a una profondità di oltre 43 chilometri, nella stessa regione del devastante sisma dell’11 marzo scorso, la prefettura di Fukushima, ha scosso il Giappone alle 03:54 di domenica, le 20:54 italiane di sabato, ma senza causare anomalie nelle centrali nucleari di Daiichi, Daini e Fukushima, pesantemente danneggiata dal sisma del marzo scorso. La scossa è stata avvertita anche a Tokyo, secondo quanto riportano da varie agenzie di stampa.
Gli eventi tellurici sono molto frequenti in Giappone che, a causa della sua posizione geografica alla confluenza di due placche, è teatro di almeno il 20% dei terremoti di magnitudo 6 o superiore, registrati ogni anno nel mondo. Oltre tre quarti dei terremoti del pianeta con una magnitudo di 8,0 o superiore si verificano lungo zone di subduzione. L’Oceano Pacifico è un centro di questi confini, che gli esperti chiamano margini convergenti. In particolare, si trovano intorno alle coste del Pacifico orientale dallo stato americano dell’Alaska a nord e giù fino alla Patagonia, in una zona tra Argentina e Cile a sud, e a Tonga, nelle Isole Marianne, in Nuova Zelanda, fino al Giappone e alle Isole Aleutine. Un team internazionale di ricercatori che desiderano studiare in particolare questa zona dove sono presenti meccanismi in grado di provocare grandi terremoti, è attiva sul campo dalla metà di questo mese. Il team ha recuperato quasi 1500 metri di nucleo dal fondo dell’oceano non lontano dalla costa di Costa Rica in Sud America. Gli scienziati dicono che useranno i campioni per capire meglio i processi che controllano i componenti che provocano grandi terremoti in zone di subduzione, dove una placca scivola sotto un’altra.
Un ben altro sisma, in queste stesse ore, si sta abbattendo sulla Siria: un Paese ormai sull’orlo della guerra civile e totalmente nel caos, con un bilancio traumatico di almeno 140 morti nell’offensiva che l’esercito di Bashar el Assad lancia contro i dimostranti nelle varie città del Paese. All’alba di ieri, i tank sono entrati nella città di Hama, 200 chilometri a nord di Damasco e hanno aperto il fuoco contro la folla che nelle scorse settimane aveva manifestato contro il regime. Le fonti locali dicono che i carri armati dell’esercito hanno investito la città e i suoi dintorni con una pioggia di granate, a un ritmo di almeno quattro al minuto. Acqua ed elettricità verso i principali quartieri sono state tagliate: una tattica abitualmente usata dai militari nelle operazioni di repressione. Sempre sabato Barack Obama ha espresso “orrore” per tali violenze e ha chiesto di isolare il presidente Assad, che sta facendo ricorso “alla tortura, alla corruzione e al terrore”. Obama ha reso inoltre omaggio ai “coraggiosi” manifestanti siriani e ha aggiunto che la Siria sarà un luogo migliore “quando la transizione democratica sarà realizzata”.
In Siria, da tempo, c’e’una rivolta di un popolo disarmato che viene sistematicamente bombardato, ucciso e torturato nelle carceri, ma questo sembra essere ignorato dall’ONU. Franco Frattini ha lanciato un appello affinche’ cessi "questa orribile repressione" e ha ordinato all’ambasciatore italiano di rientrare d’urgenza a Damasco, per seguire da vicino l’evolversi della situazione. Questa nuova offensiva governativa punta a stroncare le manifestazioni in vista dell’inizio del mese del digiuno dei musulmani, il Ramadan, che quest’anno coincide con agosto. La città di Hama ha un conto in sospeso con il regime dal 1982, quando fu repressa nel sangue una rivolta ispirata dai Fratelli musulmani, movimento al bando in Siria, contro l’allora presidente Hafez al-Assad. Ci furono 20mila morti. Secondo gli attivisti dall’inizio delle manifestazioni anti Assad a meta’ marzo sono state uccise 1.634 persone, almeno 2.918 sono scomparse e altre 26.000 sono state arrestate. Di queste 12.617 sono ancora in carcere, dove secondo l’opposizione vengono torturate dai servizi segreti (Mukhabarat) del regime.
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