Rebibbia 24. Un docufilm realizzato dagli studenti del DAMS dell’Università Roma Tre, dietro le quinte del teatro in carcere. Smartphone, stabilizzatori di immagine, droni e macchine da ripresa subacquea per raccontare un “viaggio iniziatico” verso la comprensione del mistero della libertà dell’arte che abbatte muri, cancelli, pregiudizi.
Il documentario sarà presentato al Teatro di Rebibbia mercoledì 20 dicembre alle ore 16. Sette ragazzi raccontano come l’incontro con Rebibbia e i suoi detenuti-artisti abbia cambiato le loro vite.
Grazie al bando “Sillumina”, con il supporto di MiBACT e SIAE, un gruppo di studenti del DAMS – Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell’Università Roma Tre, ha portato le telecamere all’interno dell’Auditorium di Rebibbia. Da allievi del Laboratorio di Arti dello Spettacolo sono diventati collaboratori professionali nel progetto Rebibbia 24 che racconta il dietro le quinte dell’arte in carcere, a 24 fotogrammi al secondo.
Dopo mesi di presenza sul palcoscenico del carcere romano insieme ai detenuti-attori del Teatro Libero di Rebibbia per la realizzazione dello spettacolo Hamlet, sette studenti hanno affiancato venti detenuti nella realizzazione di un docufilm che racconta frammenti delle biografie di ciascuno dei protagonisti. Il progetto s’inserisce tra le attività teatrali che Roma Tre porta nelle carceri romane grazie al coordinamento da Valentina Venturini, docente di Storia del Teatro, ed è parte del protocollo d’intesa “Teatro e carcere” tra l’Università degli Studi Roma Tre/Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo, il Ministero della Giustizia/Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e il Coordinamento Nazionale Teatro in Carcere.
I giovani impegnati nel progetto sono Giulia Ammendolia, Filippo Giovannelli, Miriam Lomuscio, Mariangela Montaina, Federica Spada, Giulia Sperduti e Yaya Jia. Il coordinamento del progetto è di Fabio Cavalli, regista teatrale e cinematografico e docente del Laboratorio Arti dello Spettacolo 1 presso il DAMS Roma Tre. Al montaggio Alessandro De Nino.
“Quest’attività didattico-artistica, dai forti connotati civili, rappresenta perfettamente il senso che Roma Tre attribuisce alla “terza missione”, quale raccordo tra l’ateneo e la società-commenta il rettore di Roma Tre, Luca Pietromarchi-.Siamo fieri dei nostri studenti e dei loro docenti che, con tanto impegno e passione, fanno entrare l’università in luoghi chiusi, troppo spesso dimenticati, come le carceri. I nostri studenti e i detenuti attori, collaborando nello studio e nel processo creativo, testimoniano quanto possano essere incrociati i percorsi della formazione e della riabilitazione”.
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