“Resisto, per il bene del Paese!” dichiara Silvio Berlusconi. “Per il bene del Paese, finalmente cacciamo Berlusconi”, replicano i suoi avversari. “Per il bene del Paese PdL e Pd sul caso Berlusconi saranno responsabili!”, sottolinea Letta, credendoci poco o niente. Ditemi: ma qual è “il bene del Paese”? Io credo che per prima cosa si dovrebbe riflettere sui rischi che si correrebbero a far cadere un governo che non farà molto e soprattutto rinvia quasi tutto, ma non fa peggio di un potenziale nuovo esecutivo.
Circa la vicenda del Cavaliere vorrei solo capire serenamente e chiaramente se il suo sia o meno un caso in cui verrebbe applicata una norma penale entrata in vigore dopo il presunto reato. Se lo è, la condanna è inapplicabile per principio giuridico, indipendentemente che il condannato si chiami Silvio Berlusconi e possa essere antipatico a tanti e non solo a sinistra. Se invece non lo è, il condannato ne paghi e affronti le conseguenze, pur con tutto il diritto di lamentarsi per il presunto torto che avrebbe ricevuto.
Nel primo caso il Pd non dovrebbe chiedere la decadenza da senatore del Cavaliere per presunte sue opportunità elettorali e soprattutto per delicati equilibri interni, ma invece avere il coraggio di stare ai principi di legge. Al contrario, se la posizione di Berlusconi fosse giuridicamente insostenibile, le sentenze possono non piacere, ma vanno accettate ed applicate e questo deve capirlo anche il PdL. E’ possibile nel nostro Paese avere una interpretazione autentica e corretta di una norma prescindendo dalla figura, importanza, stile di vita, simpatia/antipatia e opinione politica dell’imputato? Chissà.
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