Serrata a Pompei. Chiusi Pantheon, Galleria nazionale di arte moderna, Castel Sant’Angelo, Galleria Barberini. Pinacoteca di Brera e Museo Vinciano vietati ai turisti per qualche ora. Disagi agli Uffizi, funzionanti a singhiozzo causa assemblee sindacali. Confusione e turisti furibondi davanti al Colosseo, sotto un sole insolitamente africano di questi tempi e di una certa cosa che chiamano estate.
Scioperi, agitazioni e caos devastanti per l’immagine dell’Italia Paese d’arte. La culla dell’arte: abbiamo tutto, avremmo tutto, ma non riusciamo a sfruttare l’immenso patrimonio in nostro possesso. Come dire, volendo essere grossier, il pranzo è luculliano, ma non abbiamo i denti tra le nostre disponibilità. Nella lista dei siti dichiarati patrimonio dell’umanità 49 sono in Italia. Nessuno al mondo può stare alla pari con questo nostro strambo Paese. Siamo diventati il sito della miseria, dell’incuria, dell’incapacità, dei rinvii. Pare che della cultura non interessi a nessuno. Laddove l’Italia dovrebbe vivere principalmente di turismo. E tenersi ben lontana dalla cosiddetta industria pesante. Siamo invece il Paese delle cose fatte a rovescio. O non fatte, non principiate, ignorate per superficialità o altro. Chiudiamo musei e siti d’arte per qualche ora o per giorni. In alcuni casi lo facciamo senza alcun preavviso, spiazzando il turisti, e indispettendoli.
Qualche numero: gli arrivi dall’estero registrati in Italia sono stati 47,4 milioni nel 2011. Un’invasione, una cosa enorme. Ha raggiunto un picco significativo, 32 miliardi di euro, la spesa dei viaggiatori stranieri in Italia nel 2001. Ogni turista spende da noi, mediamente, 98 euro al giorno. Una mano santa, provate, per favore, ad effettuare la moltiplicazione finale e avrete la possibilità di valutare lo spaventoso giro d’affari del turismo straniero in Italia. Cinque miliardi di euro circa al giorno. Numeri poderosi che rischiamo di cancellare se continuiamo a ridurre ai minimi termini l’offerta d’arte.
Musei e siti d’arte inagibili, negati ai turisti stranieri: così ci facciamo il più clamoroso degli autogol, tirandoci una botta sui cosiddetti. In materia d’arte, siamo sciatti, ciechi, egoisti. Venerdì scorso la giornata nera per i beni culturali italiani e per l’immagine negativa, pessima, che ne è conseguita. Stanchi di file sotto il sole, i turisti stranieri se ne sono andati: non dall’Italia sono fuggiti, difficilmente rimetteranno il piede nelle nostre città d’arte, famose e invidiate. Con sommo dispetto per il bilancio economico dell’Italia, mai così rovinato prima d’ora. File al Colosseo, sotto il sole. Code di turisti davanti ai cancelli chiusi. Gli scavi di Pompei non visitabili e con loro i siti archeologici di Ercolano, Oplonti, Castellamare di Stabia, Boscoreale. Nell’area archeologica napoletana le assemblee indette da Cgil, Cisl e Uil hanno provocato la sospensione del servizio. Il motivo del blocco sindacale? Il blocco del turn over che ha ridotto ai minimi termini l’organico, già esiguo, e l’accorpamento delle Soprintendenze con il fallimento gestionale nel caso della macro Soprintendenza di Napoli e Pompei. Ritardi di circa nove mesi del pagamento del salario accessorio e la sospensione di processi di riqualificazione del personale. Lassismo, sciatteria e cecità potrebbero avere riflessi devastanti in particolare sul futuro degli scavi di Pompei.
Giovanni Puglisi, presidente della commissione nazionale Unesco, ha dettato una sorta di minaccia. “Il governo italiano ha fino al 31 dicembre 2013 per adottare misure idonee per Pompei e l’Unesco ha tempo fino al 1 febbraio 2014 per valutare ciò che farà il governo italiano. E rinviare al prossimo congresso al Comitato mondiale 2014 ogni decisione”. Evidentemente l’Italia non sa proteggere in maniera adeguata questo di Pompei come altri siti italiani considerati patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Scioperi e quant’altro sono devastanti per l’immagine artistica dell’Italia, Tomaso Montanari, docente di Storia dell’arte moderna all’Università di Napoli, ritiene doveroso lanciare l’allarme. “Il patrimonio artistico di una nazione è come la scuola e la salute: dobbiamo decidere se merita la nostra attenzione oppure no”. Intanto, il bilancio del ministero per i Beni culturali si è ridotto di un terzo, un miliardo di euro circa. In Italia, per l’arte, spendiamo un ventiseiesimo della spesa militare. Un suicidio della nazione. Il bilancio, sostiene il professore Tomaso Montanari, andrebbe riportato a quello che era prima del 2008. Il premier Enrico Letta ha promesso che si dimetterà se ci saranno altri tagli alla cultura. Ma non tagliare non sarà mai sufficiente; necessita reperire nuove risorse. Diversamente alcuni siti moriranno, non solo gli scavi di Pompei, al centro di crolli e incuria.
Una classifica spiega quasi tutto. Rappresenta un atto d’accusa all’Italia. Dovremmo vergognarci: nella graduatoria sulla reputazione di 118 Paesi stilata dall’agenzia di marketing internazionale FutureBrand l’Italia ha perso cinque posizioni nel 2012. Era decima, adesso è quindicesima. Nessuno come noi e la Spagna ha perso altrettanto. Hanno guadagnato posizioni Svezia, Svizzera, Giappone, Norvegia, Gran Bretagna, Olanda, Isole Mautitius.
I tesori che il mondo ci invidia sono il simbolo degli sprechi in Italia. Impoveriamo il nostro brand, sporchiamo il marchio Italia. Pompei, il Colosseo, gli Uffizi, la la Pinacoteca di Brera, e gli altri siti d’arte italiani, dopo la denuncia di abbandono in cui versa la Reggia Vanvitelliana di Caserta. Mancano i soldi, il personale è ridotto all’osso, non è solo vecchio, obsoleto, demotivato. Se non siamo alla rovina manca davvero poco. Praticamente niente, se continua così sarà solo una questione di tempo. Ne volete una? Gli esperti dell’Unesco, per quanto riguarda Pompei, nel loro rapporto scrivono che “in quasi tutte le domus sono stati trovati affreschi in pericolo, mosaici a rischio e una allarmante vegetazione che invade peristili e altri. Molto preoccupanti le infiltrazioni d’acqua”. Il teatro romano, poi, ha subito una “ripugnante ristrutturazione in tufo dei suoi gradini di marmo e l’installazione dietro la scena di un certo numero di baracche tipo container da cantiere”. Ne è conseguita un’inchiesta giudiziaria. Peggio di così proprio non si può. Ammettiamolo: potremmo e dovremmo essere i primi, siamo da terzo mondo.
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