Il voto siciliano ci consegna sostanzialmente quattro importanti dati: il centrodestra unito tira ancora, il M5S non è un fuoco di paglia, Renzi e la sinistra vivono un declino spaventoso, Alfano è politicamente morto.
Sicilia laboratorio politico in vista delle elezioni nazionali? Le dinamiche del voto siciliano appartengono a una regione autonoma, complicata, difficile da governare, con un percorso storico-culturale che pesa ancora nella società civile.
I siciliani hanno scelto il loro governatore e certamente la candidatura unitaria di Musumeci ha saputo fare la differenza in questa campagna elettorale, anche se tallonato dai pentastellati fino all’ultimo secondo.
Tuttavia, guardando a ciò che verrà, immaginare un centrodestra unito anche a livello nazionale, così come è accaduto in Sicilia, a noi risulta più difficile. A meno che Matteo Salvini metta da parte la sua voglia di protagonismo e si renda conto una volta per tutte che senza Silvio Berlusconi e Forza Italia la sua Lega non va da nessuna parte. Così Giorgia Meloni con Fratelli d’Italia.
Perché è sempre più evidente che il Cavaliere resta l’unico in grado di federare le varie anime del centrodestra, l’unico in grado di raccogliere milioni di voti.
Se Salvini e Meloni se ne faranno una ragione, forse l’uomo di Arcore potrebbe pensare a riproporre una sorta di Casa delle Libertà. Altrimenti perché regalare i propri voti a un governo leghista? Preferirà giocare da solo, guardare in casa propria, cercare all’interno di Fi un candidato premier – Antonio Tajani, magari, o l’immarcescibile Gianni Letta – e puntare dritto dritto a palazzo Chigi. Fantapolitica? Con Silvio, si sa, nulla è scontato.
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