Altri 200 agenti di polizia sono arrivati dal Kenya ad Haiti per integrare la missione multinazionale di supporto alla sicurezza (Mmss). Lo ha reso noto l’ispettore generale e coordinatore della Mmss, Noor Gabow, in una dichiarazione ripresa dal quotidiano keniota “The star”.
“So che siete pronti per la missione. Andate e aiutate il popolo haitiano a risollevarsi”, ha detto Gabow ai militari in partenza.
Il dispiegamento si unira’ agli agenti kenioti arrivati durante il mese di giugno nella nazione caraibica e si occupera’ di presidiare strade, ospedali, porti, aeroporti e sedi del governo.
Il Kenya, che ha preso il comando della Mmss, ha assicurato un totale di mille agenti, provenienti da diverse unita’ delle forze armate e addestrati appositamente per questa missione.
Stando all’accordo firmato tra i rappresentanti dei governi di Kenya e Haiti, al personale della missione vengono garantite delle immunita’ per le azioni compiute in veste ufficiale.
“Gli Stati partecipanti, le loro proprieta’, fondi e beni, godranno dei privilegi e delle immunita’ stabilite nell’accordo”, si legge nel documento.
Tra le esenzioni principali c’e’ quella dalle formalita’ di visto e passaporto e quella dai dazi e dalle tasse delle forniture e attrezzature importate come funzionali alla missione.
La missione e’ autorizzata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e oltre al contingente dal Kenya prevede forze armate anche da Benin, Bangladesh, Bahamas, Barbados e Ciad, per un totale di 2.500 agenti.
La situazione ad Haiti, Paese che attraversa da anni una profonda crisi istituzionale e di sicurezza, si e’ aggravata da fine febbraio, a seguito dei proclami effettuati dal primo ministro ad interim, Ariel Henry.
Dalla Guyana, dov’era impegnato nel vertice dei Paesi caraibici Caricom, Henry aveva infatti preso l’impegno ad organizzare elezioni generali per il 2025, ben oltre i termini ipotizzati da tempo, e senza aver rimesso il mandato da primo ministro, scaduto il 7 febbraio.
Una notizia cui le organizzazioni criminali rispondevano dando vita a una nuova ondata di violenze con l’assalto all’aeroporto internazionale di Porto Principe e a due carceri, motivo della fuga di quasi 4.000 detenuti. E mentre il governo proclamava uno stato di emergenza di tre giorni, poi prorogato piu’ volte, Henry si recava a Nairobi per definire i dettagli della missione multinazionale guidata dal Kenya.
Terminata la trasferta, Henry non e’ potuto pero’ rientrare in patria: le potenti organizzazioni criminali hanno di fatto bloccato ogni accesso al Paese, e non si e’ trovato l’accordo con la confinante Repubblica Dominicana per un rimpatrio “protetto” da San Jose’ di Porto Rico, dove il primo ministro si trovava in attesa di sviluppi.
Di piu’, Santo Domingo ha fatto sapere che Henry e’ persona “non grata” sul suo territorio.
Anche gli Stati Uniti, che sino a febbraio si mostravano pubblicamente propensi a garantire al primo ministro il tempo per gestire la transizione, hanno intensificato le pressioni chiedendo ad Henry un passo indietro. Henry ha quindi rassegnato le dimissioni dal proprio incarico, lasciando spazio alle trattative tra esponenti politici locali per formare un consiglio di transizione.
Dopo alcune settimane di consultazioni tra le diverse parti politiche presenti nel Paese, e’ stato formato un consiglio di transizione (Cpt) composto da sette membri con diritto di voto e due osservatori. Il Cpt ha poi nominato come premier a interim il medico ed ex funzionario dell’Unicef Garry Conille, il quale ha formato un gabinetto di 14 ministri e ha nominato il nuovo capo della polizia, incaricato di collaborare con le forze internazionali per ripristinare la sicurezza nel Paese neutralizzando le bande criminali che ad oggi controllano circa l’80 per cento dei territori.
Una volta consolidata la situazione della sicurezza, il passo successivo per le autorita’ di Haiti sara’ l’avvio del processo per le elezioni presidenziali, da programmare entro il febbraio del 2026.