“Recentemente hanno richiamato anzitempo a Roma il dipendente diplomatico (FE) che era in servizio in una sede africana. Come mai, cos’è successo? Dicono che il suddetto – che ha nel curriculum un passato un po’ tumultuoso – anziché presentarsi a quel presidente della Repubblica legittimamente eletto, e dunque in carica, ha reso visita al capo dell’opposizione. Che gli avrà mai suggerito la sua testa: che strana idea è quella d’inseguire la vocazione dei sogni invece di attenersi alle norme reali e del ferreo codice comportamentale, imposto dal Cerimoniale! Ma, il provvedimento di richiamo è sufficiente a sanzionare un simile, irrituale, comportamento che getta discredito sull’Italia e sull’intera categoria dei diplomatici? Che ne pensa l’Ispettorato?”. E’ quanto si legge in una nota del Coordinamento Nazionale del sindacato FLP – Affari Esteri.
“In ogni caso – prosegue il comunicato -, verrebbe da pensare che non tutti i membri della casta, soprattutto quelli pomposamente pavoneggianti, abbiano un’adeguata preparazione e conoscenza del diritto internazionale. Alcuni di loro sembrano invece più portati ad interessarsi di ISE – sempre e comunque – all’indennità di rappresentanza, con il suo sapore discrezionale, e alla soluzione di complessi calcoli di addizioni e sottrazioni IVA, in funzione di lussuose automobili da acquistare in franchigia e rivendere realizzando lauti guadagni, esentasse. Si sta facendo strada un’insolita procedura, bisbigliata con preoccupazione nei corridoi farnesiani, definita come “saltagavetta”, che si andrebbe ad applicare ad alcuni figli di papà e ad altri damerini fortemente e palesemente pistoné. Il “saltagavetta” consisterebbe nel salto, triplo con doppio avvitamento carpiato, da consigliere di legazione alle funzioni di console generale di prima classe o addirittura anche ad ambasciatore in piccole sedi, senza i necessari passaggi di carriera intermedi. Eppure il DPR 18 vieterebbe simili salti da canguro!”.
“L’attesa spasmodica da parte di alcuni ben pensanti, suscitata da magnanime promesse elettorali “boomerang” della riapertura dell’ambasciata di Santo Domingo, rimane tale. Il vero problema che ne aveva determinato la chiusura, che non è stato certamente – come si è voluto far credere ai parlamentari creduloni e all’opinione pubblica – una misura di “spending review” bensì il malaffare (visti e cittadinanze a gogò) dilagante, è tuttora sul tappeto. È ovvio, quindi, che la sua riapertura rianimerebbe le stesse situazioni: la sola soluzione possibile è mettere a capo della rappresentanza un questore, un prefetto o un generale dell’Arma, “stile Capuzzo”. Altre scelte – conclude la nota – non sono più ipotizzabili!”.
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