Sconfitti anche loro, con Grillo e Berlusconi. Il partito dei perdenti comprende anche i sondaggisti. Hanno toppato di brutto, prede impensabili di errori clamorosi. Numeri e percentuali sbagliati, calcoli smentiti dai fatti, previsioni spazzate via, distrutte e devastate dalla realtà. Non è la prima volta che accade, sicuramente è la seconda volta consecutiva che i sondaggisti combinano pasticci. Diciamocelo chiaro, si sono fatti autogol. Un clamoroso autogol, nessuno che abbia azzeccato una previsione.
I sondaggi sulle elezioni europee 2014 hanno rappresentato il massimo dell’inattendibilità. Dispiace dirlo, ma non bisogna nascondere nulla, sarebbe il più inutile e scorretto degli esercizi. I sondaggisti non ci prendono più. Ma imperterriti hanno continuato a non voler vedere: ignorato il flop delle precedenti elezioni. Pentiti, ora? Realisti, a loro non resta altro da fare.
Maurizio Pessato, direttore di Swg, confessa di aver pensato addirittura di emigrare in Australia, quando ha visto le proiezioni che stava per consegnare a Sky. Un paradosso anche questo, una prospettiva di soluzione al limite. Dopo Grillo e il Movimento Cinque Stelle, il principale sconfitto delle elezioni europee è il partito appunto dei sondaggisti. In blocco, nessuno di loro, aveva previsto che Matteo Renzi potesse abbattere la barriera del 40%. Mal consigliati dalle loro indagini, da quelle interviste non più rivelatorie dei veri umori degli elettori, fino all’ultimo davano Beppe Grillo vicino, molto vicino all’odiato e maltrattato Pd. Appena 5-6 punti sotto a Renzi, secondo Ipr, Ixè, Euromedia. Sballata di grosso, molto di grosso, la previsione di Tecnè: il Pd indicato come il partito stabile al di sotto del 30%.
I sondaggisti sconfitti hanno continuato a posizionare Pd e Mps a pochi punti l’uno dall’altro, fino agli exit poll finali. I primi dati reali li hanno costretti a macerarsi nella delusione, a guardarsi in faccia straniti e mortificati, impegnati in una sorta di ballo di San Vito nei rispettivi punti di osservazione. Pugni nel basso ventre, schiaffi in faccia, i sondaggisti sono finiti ko. Purtroppo è successo, adesso è il momento delle spiegazioni. I sondaggisti le hanno fornite al quotidiano La Repubblica, che li ha interpellati a babbo morto.
Un milione di elettori sono traslocati da Grillo al Pd. Mezzo milione ha abbandonato Berlusconi per Renzi. “Potevamo essere più cauti?”, cerca ora la difesa il direttore di Swg. “Noi abbiamo fatto le domande giuste, ma molti italiani ci hanno dato le risposte sbagliate”.
Evidentemente gli italiani interpellati non avevano voglia di confessarsi. Ma i sondaggisti si sono fatti prendere la mano lo stesso. “Sì, potevamo essere più cauti. Ma lo diciamo oggi, col senno del poi”. Elezioni e una domenica da cancellare per il partito dei sondaggisti, la stimata categoria dei misuratori delle tendenze degli elettori. Da parte del corpo elettorale, la credibilità è sfumata nella diffidenza. Un sentimento che si è impossessato anche dei conduttori televisivi, abituati a prendere per oro colato le previsioni dei sondaggisti.
Roberto Weber di Ixè racconta che lui il successone di Renzi e del Pd e il flop di Grillo e Berlusconi lo aveva previsto. Ma non ha voluto rischiare e Ixè si è tenuta per sé le ultime rilevazioni. “Sapevamo che la fiducia in Renzi era altissima, lo avevamo anche noi oltre il 40%”. Se sapevano, se avevano intuito il successone in arrivo del Pd, perché non lo hanno dichiarato? “L’errore delle politiche ci ha spinto a essere prudenti. Temevamo di sovrastimarlo come nel 2013”.
I sondaggisti ritengono di potersi giustificare ricorrendo ora ad una diversa valutazione del corpo elettorale. Gli elettori, dicono, sono diventati reticenti, cambiano idea alla velocità del suono, decidono all’ultimissimo momento, sfuggono, non si prestano più all’intervista come una volta. I sondaggisti definiscono perciò il voto “mobile, non ancora fidelizzato, non fotografabile con i sondaggi”. È questo il parere della sondaggista preferita da Berlusconi. Alessandra Ghisleri di Euromedia Research, in sondaggio riservato a marzo, dava
Forza Italia a 4 punti dal Pd, e l’ex cavaliere ad appena un punto da Grillo, alla vigilia delle elezioni. Una volata all’ultimo voto, la rappresentazione di un fotofinish che non si è verificato. Laddove c’è stato il terremoto. I sondaggisti travolti dallo tsunami che ha asfaltato Grillo e Berlusconi.
I sondaggisti hanno sbagliato e perso tutti insieme. E a mo’ di giustificazione estrema, una specie di mal comune. “La politica vive oggi di legami deboli, fragilissimi, e di scelte spesso estemporanee. Quando si sbaglia tutti insieme vuol dire che il problema non siamo noi sondaggisti”. La verità potrebbe essere questa, e la Gente d’Italia la butta lì, a titolo di modesta opinione: il tempo dei sondaggi forse è finito. Prendete nota, gente.
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