Diversamente da come ci si poteva aspettare, ieri è in realtà avvenuto tutto e il contrario di tutto. Spiace dirlo, ma una nuova tangentopoli sta per affacciarsi a questa nuova Italia al termine di una seconda Repubblica che non ne può più, cittadini in primis. Tangentopoli senza tangenti, ma soprattutto senza condanne. Il voto sull’arresto del parlamentare del Popolo della Libertà, Alfonso Papa, è la dimostrazione del come non interessano più – semmai siano stati oggetto di interesse della politica – gli ideali e la visione d’insieme rispetto alle proprie posizioni storiche e culturali. Interessa la poltrona e l’ingraziarsi un popolo sempre più stanco e duro di comprendonio. Chi spiegherà ai cittadini che l’autorizzazione all’arresto del deputato del Popolo della Libertà votata ieri alla Camera dei Deputati non doveva passare? Chi spiegherà ai cittadini che si è tutti uguali di fronte alla legge, ma che per chi ricopre incarichi nelle Istituzioni la regola non vale più che per il salumiere sotto casa? In assenza di una condanna poi, chi spiega ai cittadini che Papa non è colpevole, quindi condannato da un giudice, ma semplicemente coinvolto in un’inchiesta da cui potrebbe uscire innocente tra qualche anno? Chi risarcirà Alfonso Papa e la sua famiglia per la strumentalizzazione politica subita in queste settimane, dovesse risultare estraneo ai fatti cui viene associato? Un voto ingrato, quello di ieri. 319 voti a favore dell’arresto e la consegna di un uomo presumibilmente innocente, un eletto del Popolo italiano, consegnato nelle mani delle Procure ancora prima che venga stabilita la sua colpevolezza. Una maggioranza schiacciante che ha visto partecipare al voto favorevole l’opposizione, con un Pierferdinando Casini che pare aver gettato nel water garantismo e compagnia bella. Ma anche Benedetto Della Vedova, ex radicale, e gli stessi Radicali, anche loro favorevoli all’arresto del deputato pidiellino insieme a tutto il Partito Democratico e Italia dei Valori.
Se alla Camera si è votato un arresto, però, al Senato quella stessa opposizione diviene garantista. A Montecitorio infatti veniva votata la custodia preventiva per Alfonso Papa, mentre a Palazzo Madama si decideva sul futuro del deputato del Pd, Alberto Tedesco, ex assessore regionale di Nichi Vendola, coinvolto negli ultimi scandali della sanità pugliese. Ebbene, se alla Camera il Pd ha votato l’arresto di Papa, al Senato ha assolto Tedesco. Il Pdl, al contrario, ha mantenuto intatto il principio garantista della presunzione d’innocenza fino a condanna in Cassazione. Questa la politica, signori. Questa anche la resa dei conti in casa Lega, con i cui voti l’autorizzazione all’arresto è stata concessa, che si piega a Roberto Maroni (Bossi era assente) pur di accontentare una base sempre più in fermento. Una resa dei conti che non guarda in faccia gli uomini, ma il potere. Uno straordinario precedente con cui la si dà vinta ai giustizialisti e alle Procure, queste ultime ancora stabilizzatrici a loro piacimento della vita politica del Paese. Nulla di nuovo, il brutto è che sentirselo ricordare fa male.
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