Ivan Scalfarotto, Italia Viva, Sottosegretario agli Esteri, a colloquio con il quotidiano Il Foglio spiega: “Dal Ceta al rispetto dei diritti umani, dal sostegno alle imprese alla nostra collocazione euroatlantica: ci sono condizioni imprescindibili, per me, per restare al governo”. E ancora: “Mettiamola giù chiara. Diciamo che alla Farnesina non ci resto a tutti i costi”.
Scalfarotto è preoccupato dopo avere letto le ultime dichiarazioni del suo collega sottosegretario, il grillino Manlio Di Stefano, contrario alla ratifica del Ceta, il trattato commerciale fra Ue e Canada. “Non capisco perché – puntualizza- visto che in questi primi otto mesi del 2019, il nostro export verso il Canada è aumentato del 10 per cento. Da quando il trattato di libero scambio è entrato in vigore, nel settembre 2017, parliamo di quasi 438 milioni di maggiori ricavi: chi glieli restituirebbe, quei soldi, alle imprese italiane, se non ratificassimo il Ceta in Parlamento? Il M5s?”.
Per Scalfarotto quello di Manlio Di Stefano “è un approccio ideologico che ha a che fare col sospetto verso le imprese, con la fascinazione per decrescita felice e protezionismo”.
Contrari al Ceta, i grillini sostengono invece la Via della Seta con la Cina, senza che il ministro degli Esteri Luigi Di Maio solidarizzi con i manifestanti di Hong Hong. “Un atteggiamento assolutamente non condivisibile – commenta Scalfarotto -. La Cina è per noi un grandissimo mercato, e dunque è giusto collaborare, ma il rispetto dei diritti umani è, per l’Italia, non derogabile e non negoziabile”.
Arrivato alla Farnesina per occuparsi di commercio estero, l’esponente di Italia Viva lamenta inoltre che Di Maio non abbia ancora assegnato le deleghe, mentre ora si parla di un possibile spacchettamento delle deleghe sull’internazionalizzazione delle imprese, con Di Stefano che rivendica le stesse competenze. “Io a questo gioco non ci sto. Non potrei mai avallare un’operazione di spacchettamento che comprometterebbe l’interesse nazionale solo per avere il mio contentino. Anche questa è una conditio sine qua non, per la mia permanenza alla Farnesina. Come ho detto: non intendo restare qui a ogni costo, specie se quel costo devono pagarlo le imprese italiane”.