E se avesse ragione Libero ed i tecnici che ci governano non fossero che dilettanti alla sbaraglio? Certo che la questione esodati, la continua crescita dello spread, giunto a 480, la figura del decreto anticorruzione, con richiesta di rinvio alla Camera e rimprovero solenne dello stesso Fini, fanno nascere dei consistenti dubbi.
Alle 11 di ieri i professori perdono la faccia e Pietro Giardia, contrito, è costretto a dichiarare ai membri della Camera, che “il Governo non è riuscito ad onorare i suoi impegni”. L’attesa è tutta per il maxi-emendamento annunciato il giorno prima dal ministro dei Rapporti con il Parlamento per uscire dallo stallo in cui si è cacciato la Guardasigilli, Paola Severino. Solo che il testo sul quale poi porre la fiducia per superare i veti incrociati nella maggioranza ancora non c’è. “Nonostante le promesse fatte sono costretto a chiedere un congruo spostamento dei tempi per la continuazione dell’iter del provvedimento”, ammette Giarda. Parole che provocano la reazione di Gianfranco Fini, presidente dell’assemblea, per il quale l’indecisione del governo “mortifica il ruolo della Camera”.
Uno scontro che prelude al definitivo dietrofront dell’esecutivo: niente più maxi-emendamento, ma tre distinti voti di fiducia – oggi – su altrettanti articoli del ddl anti-corruzione. E tra questi c’è, attacca il Pdl, “una norma ad personam salva-Penati”, mentre per Lusi arriva il prima via libera del Senato.
L’indecisione di Giarda è figlia dell’impasse in cui si trova la collega Severino, impossibilitata a trovare un accordo con i partiti della maggioranza. Nella riunione che va in scena nella sala del governo la sintesi non si trova. Troppe le divergenze con il Pdl sulla parte penale, in primis sull’”induzione indebita a dare o promettere altra utilità”, ovvero il reato che ricadrebbe su Silvio Berlusconi per il “caso Ruby”. I tecnici Pdl, infatti, avrebbero rilanciato chiedendo al Pd di rinunciare all’aumento delle pene per la “corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio”, proposta respinta da Dario Franceschini. Se fiducia deve essere, alza il muro il capogruppo del Pd, l’”unica possibilità” è quella di apporla sul testo uscito dalle commissioni.
Al ministro Severino non resta che piegarsi: sì al maxi-emendamento, ma sull’articolato delle commissioni Giustizia e Affari costituzionali. Peccato però che un provvedimento, come fa notare il vicepresidente Pdl della Camera Maurizio Lupi, “per giustificare il ricorso al maxi-emendamento” debba contenere «sostanziali modifiche» e non solo “semplici coordinamenti formali”. Poi la Severino fa di tutto per minimizzare i passi indietro del governo: la fiducia, afferma, è “l’unico strumento per portare avanti il provvedimento”. Quanto alla bacchettata di Fini, “non è stato sollevato un problema di merito, ma formale». Insomma, «un peccato veniale, non mortale”.
Serenità cui fa da contrappeso il nervosismo di Giarda, stizzito per il richiamo del presidente della Camera – “che volete che sia un ritardo di due ore nella vita politica del Paese che ha una tradizione di oltre 2mila anni” – e per la necessità di recitare il mea culpa: “Il testo presentava problemi di ammissibilità, avrei dovuto avere l’intuizione di porre la fiducia su tre articoli separati”.
Non minor stizza ha espresso il ministro (lei vuole che si dica così) Fornero, nei confronti dei vertici Inps, colpevoli di aver reso pubblico il numero degli esodati, 390.000 e non 65.000 come nel suo decreto di “protezione”, numeri che sono contenuti, ha detto, in documenti parziali e non spiegati, concludendo, durissima, che se l’Inps “ fosse un settore privato, questo sarebbe motivo per riconsiderare i vertici”. Come dire: se fosse per lei il presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua e il direttore generale Mauro Nori già dall’altra sera, quando li ha convocati di urgenza al ministero, sarebbero a casa a rigirarsi i pollici, “sfiduciati” e licenziati.
Ma la sua ira diventa un boomerang, con l’intero arco parlamentare che le si rivolta contro, accusandola di nascondere le cifre, di non voler risolvere la questione, di trattare le persone come dei numeri.
Nel Pdl si scatena un vero diluvio di critiche, mosse su twitter da Lupi, Gasparri, Sacconi, Cicchitto, Brunetta, Matteoli, Fitto, Bianconi, Rotondi. Sceglie twitter anche il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, lanciando un vero e proprio ultimatum: “Il tempo è scaduto. Adesso vogliamo chiarezza sugli esodati”. Ed anche il presidente del Pd, Rosi Bindi, accusa la Fornero di “ostinazione e diabolica perseveranza”, per poi rammentarle che “il suo compito è fornire i numeri esatti”.
Negli Usa, sia Times che Herold Tribune, continuano a scrivere che Monti è in affanno, alle prese con problemi più grandi di lui, intento ad un salvataggio che sembra ad ogni istante più impossibile e disperato. Ieri sera il primo ministro ha convocato d’urgenza la tripletta ABC (Alfano, Bersani e Casini), chiedendo unità e coesione perché altrimenti si va a picco. Si è detto preoccupato ed auspica, come scrive in una nota Palazzo Chigi, di trovare "quell’unità di intenti necessaria a superare la criticità del contesto attuale e a dare all’estero un’immagine coesa".
Secondo la presidenza del Consiglio, "i tre leader hanno confermato il pieno sostegno al Governo e l’impegno a portare sollecitamente a compimento le riforme all’esame del Parlamento e i provvedimenti in corso di elaborazione nell’ambito della spending review".
Stamani Mario Monti ha iniziato la giornata con una “informativa urgente alla Camera”, chiesta per fare il punto il punto sulla dinamica delle decisioni europee in una fase particolarmente intensa e cruciale per l’Europa e per il nostro Paese”. Durante il suo intervento ha smentito di avere avuto un contatto telefonico, ieri, con la Merkel ed aggiunto che: “Se si vogliono avere risultati nei Consigli europei che corrispondano ai nostri interessi, bisogna cercare di costruirli passo passo in una situazione europea complicata e in una situazione italiana adeguatamente rafforzata rispetto ai mesi scorsi. Dobbiamo essere consapevoli delle sfide ma anche del lavoro che in queste Aule, nel governo e nel Paese è stato fatto in questi mesi”. Ed ha anche avvertito che, pur comprendendo “l’ansia di crescita” che attraversa il Paese e le forze politiche, per vedere gli effetti sul fronte dello sviluppo “ci vogliono mesi”.
Ma forse sono proprio questi che non abbiamo, con una spesa pubblica ciclopica e fuori controllo, stimata in 44.000 euro l’ora da Rizzo sul Corriere, due giorni or sono e che continua a crescere vertiginosamente.
Ieri, nel corso di un’intervista alla Radio Tedesca Pubblica A.R.D, Mario Monti aveva detto che “l’Italia anche in futuro non avrà bisogno di aiuti dal fondo europeo salva-Stati”, spiegando inoltre che anche con tassi di interesse elevatissimi a causa delle tensioni nei mercati, “la Germania paga pro quota per l’assistenza finanziaria, ma ha tassi di interesse bassissimi sul suo debito pubblico”. «Sarebbe importante per tutti – aveva rimarcato il premier – di non farsi guidare dai clichè o dai pregiudizi. E inoltre bisogna anche valutare i “benefici che la Germania trae dall’ Unione Europea”. Quanto agli eurobond, per Monti potrebbero essere “parte di una soluzione più complessiva”, che tenga conto, come chiede la Germania, della disciplina fiscale e della politica monetaria non inflazionistica. Tutte cose vere, ma si tratta di vedere di quanto tempo, davvero, disponiamo.
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