Renato Brunetta, capogruppo del PdL alla Camera, intervista da “Il Piccolo”, dichiara: “Fin dal primo giorno dopo un voto che ha sancito una sostanziale parità tra le due maggiori coalizioni abbiamo sostenuto la grande coalizione, ma siamo stati inascoltati. Fallito il tentativo di Bersani, si è dovuto procedere in fretta e furia a formare il governo, senza una programmazione puntuale. Ha prevalso la logica dell’emergenza e ci si è accontentati, chiamando ancora una volta una componente di tecnici, di una prospettiva lunga non oltre i 18 mesi. Una responsabilità, quella del Pdl, che ci vede lavorare lealmente su Imu, Iva, decreto del ‘Fare’, avvio della riforma costituzionale. Ma la nostra presenza nel governo è inferiore ai voti conseguiti".
Secondo Brunetta, "risolto il caso kazako con il voto contrario del Senato alla mozione di sfiducia nei confronti del vicepresidente Alfano, il segretario del Pd se ne esce con la proposta del tagliando e del rimpasto. Dopo le polemiche dei giorni precedenti, ci è parsa una richiesta non amichevole, inutile, quasi irresponsabile. In risposta il Pdl, per mio tramite, indica la strada seria e responsabile di un patto di legislatura che superi il traguardo dei 18 mesi e porti il governo al 2018 con un programma condiviso e ambizioso". "Dopo patto e programma, il rafforzamento del governo risolverebbe l’urgenza di pari dignità tra i due maggiori partiti della coalizione. Se qualche democratico non digerisce la controproposta, pensi a chi ha iniziato il gioco del tagliando".
"Franceschini ha sconfessato Epifani. Ma è soprattutto dalla cabina di regia che emerge la voglia strategica di Letta di programmare un quadro di riforme. Il governo ha tutto da guadagnare anche nell’immediato dal patto di legislatura. Tanto più che a luglio 2014 saremo noi, Italia, ad avere la presidenza della Ue. Non ci resta che aspettare il Pd". "Fino a quando? La riflessione è strategica e la stagione giusta è l’autunno. Quali le cose da fare, se la risposta sarà positiva? Innanzitutto l’attacco al debito per anticipare quanto ci viene imposto dal fiscal compact. Poi la riforma fiscale, da approvare in autunno e attuare nei mesi successivi, quindi il rispetto dei pagamenti pubblici: 100 miliardi di euro che potrebbero riavviare l’economia".
"La grande coalizione – sottolinea l’ex ministro – fa bene al Paese perché è la conseguenza del risultato elettorale. Il movimentismo di Renzi? Questo non è un bene o un male. E’ un fatto. La politica si fa con gli attori che ci sono e il Pd, in pieno congresso, si prepara a un appuntamento esistenziale. Se vince Renzi, il Pd che conosciamo finirà. Ma finirà anche il governo Letta", conclude Brunetta.
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