E’ stata una guerra sin dall’inizio della legislatura: le occasioni si sono succedute con frequenza sempre più intensa, a giorni alterni si sono chieste le dimissioni del governo per i motivi più vari in un tamtam ossessivo che i media hanno amplificato, le fiducie si sono ripetute a dismisura e l’arroccamento della maggioranza di fronte ai continui assalti alla diligenza è servito a restare in piedi, ma non a camminare. Non poteva durare, la caparbietà del premier e il miracolo del 14 dicembre alla lunga hanno perso vigore, riducendo gli effetti benefici delle faticose vittorie: troppi i nemici ben armati e pochi i capitani coraggiosi.
Il tramutarsi del vento in tempesta fa scricchiolare la nave e i deputati, vil razza dannata, sono propensi a salire sulle scialuppe di salvataggio, senza chiedersi chi le guiderà e dove saranno condotti. Si offrono ai media in modo compulsivo, cercando visibilità e consenso, e forse rivalsa. Così Scajola, defenestrato nel tripudio generale, rientra dalla porta di Montecitorio quasi applaudito; e Pisanu, che dovrebbe essere da rottamare, trova una nuova sorprendente vitalità politica nel riconoscimento di meriti incomprensibili ai più. Formigoni, abile guastafeste, si sente talmente favorito dal destino da voler accelerare la crisi per arrivare al più presto al voto. Maroni scalpita, Alemanno pure, son tutti pronti ad abbandonare la nave lasciando affondare chi li ha fatti salire e li ha sistemati ai posti di comando.
Così va il mondo, sembra che cambi ma rimane quello di sempre: ambizioni sfrenate e sete di potere alimentano le classi dirigenziali, forse peggio che nella Prima Repubblica.
La sconfitta del governo alla Camera dei Deputati è dovuta a sciatteria e inconsapevolezza? o piuttosto alla vigliaccheria dei donabbondio di turno? In entrambi i casi, il piatto piange e chi ci perde è il Paese. Metterci una toppa non serve e forse non sarà nemmeno possibile. Umberto Bossi cerca di rassicurare gli animi: "No, per adesso non viene giù tutto". Il governo, "per adesso", va avanti, afferma il Senatur. Per quanto tempo ancora? Beh, "non lo so", risponde il leader della Lega ai giornalisti fuori da Montecitorio, "non sono mica un mago". Certo però che la sua assenza e quella di Tremonti per il voto lasciano qualche dubbio e qualche sospetto.
Le reazioni delle opposizioni sono nette: la maggioranza non esiste più, Berlusconi ne prenda atto e si dimetta. Dimissioni chieste da Pd, Idv, Udc e Fli. Tutti contro il Cavaliere, che ieri dopo il voto che ha causato la sconfitta del governo è uscito dall’Aula senza parlare con nessuno, mentre gli occhi dei ministri e dei parlamentari a lui vicini cercavano di evitare il suo sguardo. Davvero una scena impietosa che non fa altro che confermare quanto su ItaliaChiamaItalia abbiamo scritto giorni fa: in quest’ultimo periodo, politicamente parlando, il Cavaliere è un uomo solo.
Nella maggioranza adesso si cerca di minimizzare quanto avvenuto sul voto del rendiconto di bilancio, anche se – ammettono esponenti di punta del PdL – è necessaria una svolta forte per andare avanti. E’ il ragionamento che fa Gianni Alemanno: "Incidenti di percorso alla Camera e al Senato sono sempre avvenuti, non bisogna enfatizzarli nel significato". Si avverte "la necessità di dare una svolta forte all’azione di Governo". E poi, secondo il sindaco di Roma Capitale, è "necessario un programma di fine legislatura che scandisca pochi e significativi obiettivi su cui deve concentrarsi il Governo". Ma non era stato già fatto?
Daniele Capezzone, portavoce del PdL, avverte: "Noi della maggioranza faremmo bene a non sottovalutare l’episodio di oggi alla Camera, anche in relazione alla dinamica del voto in Aula". Detto questo, però, "coloro che urlano e reclamano le dimissioni del Governo vogliono male al Paese, perché esporrebbero l’Italia a un salto nel buio, a un’avventura i cui esiti sono del tutto imprevedibili".
Berlusconi ieri, dopo l’"incidente" alla Camera, ha convocato un vertice PdL a Palazzo Grazioli, durante il quale è stato per la maggior parte del tempo in silenzio. Fonti del governo riferiscono di un premier "imbufalito". Nel corso della riunione si è pensato alla necessità di porre la fiducia per rassicurare il Quirinale, ma anche il Paese.
Oggi sarà un’altra giornata di incontri e riunioni, per capire da che parte andare e come rimediare, nei fatti, alla sconfitta del governo battuto a Montecitorio per un solo voto. Il mondo continua ad avere gli occhi puntati sull’Italia: dobbiamo prenderne atto e cercare di tenere sotto controllo la situazione. A questo punto ogni mossa sbagliata potrebbe risultare fatale. E a risponderne saranno in tanti.
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