Governo Draghi addio. Passa la fiducia al premier Draghi in Senato, ma con soli 95 voti favorevoli: il risultato più basso che il governo ha ottenuto in questa legislatura. Un numero esiguo per proseguire il cammino del governo. A mettere la parole fine non è solo il Movimento 5 stelle, che non partecipa al voto, ma pesano sull’esito le assenze di Lega e Forza Italia che lasciano l’emiciclo.
I senatori di Conte però garantiscono il numero legale rimanendo in Aula, come “presenti non votanti”. A paventare il rischio che si poteva incappare nella mancanza del numero legale, rendendo nulla la votazione, è stata la stessa presidente Elisabetta Casellati in Aula dopo la dichiarazione della capogruppo 5s Mariolina Castellone. Alla fine i presenti sono risultati 192, 133 i votanti e il tetto per la maggioranza pari a 67. Quando poco dopo le 19 è iniziata la prima chiama è stato subito chiaro che non ci sarebbero stare grandi sorprese rispetto alle dichiarazioni di voto. Gli schieramenti hanno rispettato le indicazioni.
Assenti Lega e Forza Italia, presenti ma non votanti i 5s, hanno votato no Fratelli d’Italia e Cal, mentre favorevoli Pd, Iv e Italia per il futuro, LeU, +Europa-Azione, Italia al Centro. Il gruppo Misto si è diviso e in 8 hanno espresso parere contrario: si tratta di senatori che, da Ciampolillo a Nugnes, sono normalmente all’opposizione.
A votare a favore in dissenso dal gruppo l’azzurro Andrea Cangini e il senatore ex 5s Gregorio De Falco, ora al Misto: quest’ultimo già dalla mattina aveva annunciato il sostegno al governo. Avvistato in Senato il ministro M5s, Stefano Patuanelli, che tuttavia, dai tabulati, risulta in congedo.
Dalla Lega un passo falso lo ha fatto Cristiano Zuliani che ha dovuto ritrattare il suo voto: per errore infatti, passando sotto il banco del governo alla prima chiama si è dichiarato, come i pentastellati, presente non votante. Tutti e sei i senatori a vita oggi non erano presenti in Senato.
GELMINI DICE ADDIO A FORZA ITALIA
La crisi del governo Draghi ‘miete’ la prima vittima in casa Forza Italia con lo strappo della ministra Maria Stella Gelmini. A fine di una giornata convulsa, con il centrodestra di governo pronto a non partecipare al voto per la fiducia sulla risoluzione Casini condivisa dal centrosinistra, arriva l’addio di uno degli esponenti storici e di peso del partito di Silvio Berlusconi, attuale capo delegazione di Fi a palazzo Chigi. ”Forza Italia ha definitivamente voltato le spalle agli italiani, alle famiglie, alle imprese, ai ceti produttivi e alla sua storia, e ha ceduto lo scettro a Matteo Salvini”, annuncia in una nota Gelmini, che da tempo manifesta sofferenza verso la gestione del partito, ma stavolta è rimasta scottata dalla scelta del Cav di firmare, insieme alla Lega, una risoluzione (in qualità di centrodestra di governo) che chiedeva un Draghi bis ma alla guida di un esecutivo profondamente rinnovato e senza i Cinque stelle di Giuseppe Conte.
MELONI “DRAGHI SI CANDIDI SE VUOLE VERIFICARE CONSENSO”
“La differenza tra le democrazie e i regimi totalitari è che in democrazia, il modo per valutare se i cittadini ti chiedono di governare è il voto. Le parate, le raccolte di firme, più o meno indotte, più o meno libere sulla base dell’interesse o della paura non funzionano, funzionano in un regime. Se Draghi vuole verificare il consenso degli italiani si candidi alle elezioni”. Così Giorgia Meloni, Presidente di Fratelli d’Italia a margine del suo intervento a “Piazza Italia” a Roma.