Da quando siete stati chiamati e vi siete insediati, andate dicendo con ogni mezzo – dalle tribune del Parlamento, attraverso conferenze stampa, interviste alla televisione e sui giornali – che il vostro impegno pressante, diuturno e disinteressato è quello di salvaguardare il Paese dalla fine irreversibile in fondo al baratro, spalancatosi in conseguenza di decenni di bagordi e ultimamente reso viepiù profondo e senza parapetti da immani e irrefrenabili ondate speculative internazionali.
Purtroppo, gli strumenti e i provvedimenti sinora adottati per realizzare un primo, basilare punto d’ancoraggio e di non annegamento hanno soprattutto il nome di tasse. Ma, speriamo bene.
Sennonché, nel durante dell’indubbio dramma economico e finanziario in cui versiamo, si ha l’impressione che vi stia letteralmente e completamente sfuggendo la pericolosa circostanza che, da svariati giorni, il medesimo Paese è ridotto a piedi scalzi e nudi (per giunta col freddo che c’è in giro), per effetto di una serie di agitazioni, proteste, scioperi e blocchi.
Invero, risulta scarsa la vostra sensibilità e sotto tono il livello dei vostri interventi riguardo a tali turbolenze, salvo qualche accenno al dovere, valido per tutti, di rispettare le leggi.
Insomma, mentre le varie categorie accampano motivi di parte più o meno fondati, c’è un intero popolo schiacciato e reso schiavo dai disservizi.
Nel pomeriggio, percorrendo in auto, per un improvviso e ineludibile adempimento, metà della provincia in cui risiedo (800.000 abitanti), non ho trovato una sola stazione di servizio funzionante, sulle ventiquattro incontrate lungo il tragitto: roba che non esiste più nemmeno nella giungla e nelle lande deserte.
Occorre che vi diate una mossa, signori del Governo, con parole a chiare e forti lettere e, soprattutto, sotto forma di interventi concreti e urgenti da parte delle istituzioni preposte: così, non si può proprio andare avanti.
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