Il successo dell’olio di oliva è davvero senza confini. Lo si può considerare, e la storia è d’accordo, uno dei tipici prodotti italiani, ma la sua fama e l’importanza assunta nelle diete, hanno trasformato l’olio di oliva in un prodotto internazionale. Certo, e qui non ci sono dubbi, che quello italiano mantiene ancora caratteristiche senza eguali e non è un caso che l’esportazione del nostro olio negli Stati Uniti sia aumentata negli anni e, rapidamente, è diventato uno degli ingredienti dal sapore più ricercato. Ma non ci si basa negli USA solo sulla importazione, si cerca anche di imitare una scuola, possiamo chiamarla così, come quella italiana che ha fatto dell’olio di oliva qualche cosa di unico.
Se in Italia quasi ogni regione ha il suo tipico olio di oliva, con caratteristiche ben distinte, una dalle altre, negli States, al West, nell’Oregon c’è la stessa voglia di fare dell’olio un prodotto unico. Alla Red Ridge Farms producono olio con una macchina per la spremitura importata dall’Italia e ogni metà novembre, quest’anno dal 16 al 18, come succede da noi, dalla Toscana alle Marche alla Puglia, un po’ d’ovunque, anche lì si svolge una festa che è una tradizione tipicamente italiana. Si chiama ‘Olio Nuovo Festa’ e per tre giorni, ci celebra un frutto, un prodotto che ormai è imprescindibile: nella tre giorni dell’Oregon tutti i hanno la possibilità di vedere da vicino come viene prodotto l’olio, lo si può assaggiare, in speciali piatti. Una ‘sagra di paese’ nell’Oregon, con tutti gli ingredienti italiani, l’unica differenza è che si parla americano. Chi ha scoperto, e vuole fare conoscere, la fragranza e tutte le meraviglie che comporta l’olio di oliva, è la famiglia Durant che dal 2005 porta avanti la ‘fattoria’ dell’Oregon dai contorni italiani. Adesso hanno oltre 13.000 alberi di ulivo disseminati in 17 acri di terra, hanno la più grande attrezzatura del Northwest e sono diventati una destinazione turistica, sembra di essere in Italia, senza la necessità di attraversare l’Atlantico.
La prossima festa avrà ospiti mondiali, produttori spagnoli greci, ma soprattutto arriveranno dalla Toscana per passare un indimenticabile weekend italiano, ma nell’Oregon.
Ma fino a quanto indietro nel tempo si deve andare per risalire alle origini dell’olio d’oliva? Le prime tracce risalgono addirittura a oltre 6000 anni fa e si deve andare in Medio Oriente. Veniva usato come unguento per la pelle, olio per le lampade oppure come medicinale. Più avanti, attorno al 3500 a.C. si trovarono le prime testimonianze di coltivazione dell’olivo anche in zone che non erano, da un punto di vista climatico, molto adatte, un segnale della volontà di diffondere questo frutto. Mille anni più tardi, nel 2.500 a.C., il codice babilonese di Hammurabi regolava già la produzione e la commercializzazione dell’olio di oliva, mentre in Egitto, si sono trovate tracce fin dal 1.300 a.C. della presenza di rami di olivo destinati ad adornare le tombe dei faraoni. Ma furono i greci a diffondere nel bacino del Mediterraneo questo tipo di coltivazione, che assunse poi una notevole importanza e la pianta di olivo la si può trovare, protagonista, di numerose leggende greche. Si narrava infatti che il primo frutto di olivo fu fatto spuntare dalla dea Atena, sulla Acropoli, durante la contesa con il dio Poseidone per il predominio della regione dell’Attica e Zeus decise che quello era il dono più utile agli ateniesi da utilizzare nella preparazione dei cibi, nella cura delle persone e come fonte di luce. Apollo invece nacque sotto una pianta di olivo, mentre suo figlio Aristeo, insegnò agli uomini come ricavare l’olio dalle olive. Una storia antica che si sviluppò ulteriormente sotto i romani, i quali la diffusero in tutti i territori conquistati e anzi fecero di più, imposero il pagamento dei tributi sotto forma di olio di oliva, a testimoniare l’importanza e soprattutto il valore che gli attribuivano. I romani poi suddivisero le tipologie di olio in funzione del momento della spremitura ricavandone cinque qualità. Anche nella mitologia romana l’olio di oliva ebbe la sua importanza e qui venne attribuito a Minerva l’insegnamento agli uomini dell’arte della coltivazione e dell’estrazione dell’olio. Più avanti, con il declino e la caduta dell’impero Romano, anche l’olivo e il suo olio seguì lo stesso destino e per centinaia di anni gli uliveti sopravvissero solo in alcune regioni. Nel Medioevo gli uliveti e l’olio erano in maggior parte una caratteristica degli ordini religiosi che utilizzavano l’olio soprattutto per le funzioni liturgiche. Per assistere alla ripresa delle coltivazioni degli alberi di ulivo si dovette attendere fino a circa l’anno Mille quando venne scoperto, nel commercio dell’olio, una importante fonte di guadagno. Attorno al 1300 si formarono due ‘pensieri’, se così si possono chiamare: quello del Nord, che privilegiava i grassi animali e quello del Sud, in modo particolare proprio in Italia, che invece aveva scoperto nell’olio un condimento naturale che si poteva utilizzare in tante diverse maniere. Ecco che allora la tradizione dell’olio di oliva nacque e prosperò nelle nostre regioni e si racconta che già nel 1400 l’Italia era il primo produttore di olio. Un primato che andò avanti e già a cominciare dal 1700 si iniziò a catalogare l’ulivo e i suoi frutti, con una classificazione che partiva dalla provenienza geografica.
La fama dell’olio di oliva in quel periodo si allargò a quasi tutta l’Europa, ma il prodotto italiano rimase il più apprezzato e fu in quegli anni che la Toscana accentuò la sua vocazione per questa particolare coltivazione. Poi fu la volta dei missionari francescani a portare l’ulivo nel Nuovo Mondo. E in America, siamo vicini alla fine di questa storia, si cominciò a coltivarlo e a produrlo grazie agli immigrati italiani e greci in particolare che portarono, e sfruttarono, la loro esperienza negli Stati Uniti. Ma se un tempo l’olio d’oliva era considerato un ingrediente povero della cucina, gli anni hanno contribuito a trasformarlo in un elemento indispensabile nei piatti di tutto il mondo.
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