Oggi, più che per il passato, è difficile dare una dimensione all’italianità nel mondo. Certo è che il ruolo dei connazionali all’estero dovrebbe essere rivisto in un’ottica più consona ai tempi nei quali, a torto o a ragione, vivono. L’italianità è una prerogativa che non dipende esclusivamente dalla cittadinanza, ma anche da un modo d’impostare la propria vita e quella della comunità nella quale si è attivi. Lo scriviamo per evitare d’essere fraintesi con una specie di populismo che non ci siamo mai sentiti di condividere. Né con l’età matura, né ai tempi della nostra giovinezza.
Essere italiani esprime un complesso di sensazioni e d’esperienze vissute che ci rendono particolarmente disponibili all’incontro; pur mantenendo i nostri principi, senza vincoli d’età e di sesso. L’orgoglio d’essere nati nella Penisola si sviluppa come un’educazione territoriale che c’imprime il principio dell’appartenenza.
Siamo un Popolo capace d’affrontare gli eventi negativi che, da noi, sembrano non mancare mai. Genti dalla mano protesa agli altri, gli italiani affrontano “a muso duro” i problemi personali e del Paese. Non è detto che riescano a risolverli; l’’importante è che non li trascuri con l’illusione di lasciare ad altri il percorso della ripresa.
Premesso che gli italiani nel mondo sono milioni e le generazioni dell’inizio si sono evolute, teniamo a rilevare che non è mai tramontato il concetto d’italianità. Anche quando sarebbe stato più agevole seguire altre strade. Vivere la quotidianità in Patria, come all’estero, ci pone a un livello collettivo che consente di conservare quei principi di solidarietà presenti quando, purtroppo, se ne rileva la necessità. Anche in questo agitato secondo millennio abbiamo saputo affrontare l’avverso frangente. Pronti alla disponibilità e all’ascolto. Essere italiano resta orgoglio di un Popolo che, nei secoli, ha trasportato il seme della cultura italiana in tutte le contrade del mondo.
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