“Il 27 gennaio è anche e soprattutto un invito a ciascuno di noi. A vivere il tempo che ci e’ concesso da protagonisti e non da spettatori. A non rassegnarsi alla banalita’ del male e a gustare in profondita’ i valori che fanno grande una comunita’. E questo vale soprattutto per i piu’ giovani”. Lo scrive il segretario del Pd, Matteo Renzi, sul suo blog.
“Ma l’odio contro il diverso e’ sempre in agguato. E allora dobbiamo alzarci in piedi e lottare, anche oggi, come ci hanno chiesto e insegnato i sopravvissuti. Perche’ quando finiscono le cerimonie, questo rimane il punto: la politica deve fare di piu’ per coltivare il senso della storia e il valore della memoria. Lo dobbiamo a donne e uomini come Nedo, sicuramente. Ma lo dobbiamo innanzitutto a noi stessi. Per me il 27 gennaio non e’ una cerimonia, e’ una sfida: ne saremo all’altezza?”, sottolinea.
“Quando lo presero a Firenze aveva 19 anni. Non e’ che lo presero, diciamola tutta. Fu venduto, da un conoscente, da un italiano”, ricorda Renzi sul suo blog. “Venduto con tutta la sua famiglia per il solo fatto di essere ebreo: mamma, babbo, fratello, cognato, nipotino di 18 mesi. E quando lui riusci’ a tornare, salvo per miracolo dopo mesi nei campi di sterminio, era rimasto solo. Gli altri membri della famiglia erano tutti ‘passati per il camino’, come canta Guccini nella canzone che prende il nome proprio da Auschwitz”.
“Nedo, questo e’ il suo nome, oggi vive a Milano. Qualche anno fa – quando ero presidente della provincia – mi contatto’ perche’ voleva rivedere la casa dove era cresciuto. Fu un momento di emozione intensa. E io gli chiesi di aiutarmi a tenere viva la memoria per le giovani generazioni. Insieme organizzammo allora dei viaggi con i ragazzi delle superiori per visitare i luoghi della tortura e dell’Olocausto. Ogni passo dentro Birkenau per lui era un’ulteriore sofferenza. Ma continuava a camminare per spiegare ai diciannovenni fiorentini di oltre mezzo secolo dopo che cosa era accaduto a lui: i 1200 cani, gli urli dei kapo, le ceneri buttate nella Vistola come cibo per pesci, la zuppa senza cucchiaio, le bastonate senza motivo, le camminate nella neve senza zoccoli. I bambini che arrivavano dopo sette giorni di viaggio e iniziavano a correre di gioia, scendendo per primi giu’ dal treno: felici perche’ ignari della direzione verso la quale stavano saltellando”, insiste.
“Sembrava rivivere l’orrore, quasi sentirne ancora l’odore. Ma lo raccontava perche’ restasse tatuato nel cuore della nuova generazione il senso di cio’ che era accaduto. E perche’ quei ragazzi tenessero vivo il desiderio di opporsi al male assoluto, continuando a credere, lavorare, lottare per un mondo diverso. Perche’ nelle parole finali di Nedo non c’era solo l’atrocita’. Ma anche e soprattutto la voglia di dare speranza ai piu’ giovani”. “‘Come fai Nedo a credere ancora negli uomini?’, gli chiedevano i ragazzi, la sera, in albergo prima di ripartire. ‘Credo in voi’ gli rispondeva e ‘da un grande male puo’ nascere un grande bene’.
Oggi, 27 gennaio, celebriamo la giornata della memoria. Ma non puo’ essere solo una cerimonia. È innanzitutto l’occasione per dire grazie a quelli come Nedo. Alla loro straordinaria capacita’ di resilienza. Sono stato fortunato a incrociare i miei passi con quelli di persone come Nedo. E penso che la politica sia bella quando ti consente di affrontare incontri di questo genere. E poi c’e’ il domani. Il 27 gennaio, certo, e’ il giorno in cui cadono i cancelli dei Auschwitz. Un luogo fisico, non solo un simbolo. Con quella scritta assurda all’ingresso. Il numero di morti che non riesci neanche a tenere in testa. Il bambino impiccato davanti al quale Elie Wiesel si chiede dov’e’ Dio “e’ li’, su quella forca”. Gli occhi della mamma di Nedo, prima della selezione. Il padre Massimiliano Kolbe, la cui storia ti hanno insegnato a catechismo. Ma il 27 gennaio e’ anche e soprattutto un invito a ciascuno di noi. A vivere il tempo che ci e’ concesso da protagonisti e non da spettatori. A non rassegnarsi alla banalita’ del male e a gustare in profondita’ i valori che fanno grande una comunita’. E questo vale soprattutto per i piu’ giovani”.
“Quando avevo 19 anni io – insiste Renzi – il mondo non si e’ scomposto per i massacri nella regione dei Grandi Laghi, in Africa. O l’anno dopo a Srebrenica. Il dolore nel corso degli anni si e’ ripetuto e moltiplicato anche se l’Olocausto non ha paragoni possibili. Ma l’odio contro il diverso e’ sempre in agguato. E allora dobbiamo alzarci in piedi e lottare, anche oggi, come ci hanno chiesto e insegnato i sopravvissuti. Perche’ quando finiscono le cerimonie, questo rimane il punto: la politica deve fare di piu’ per coltivare il senso della storia e il valore della memoria. Lo dobbiamo a donne e uomini come Nedo, sicuramente. Ma lo dobbiamo innanzitutto a noi stessi. Per me il 27 gennaio non e’ una cerimonia, e’ una sfida: ne saremo all’altezza?”, conclude l’ex premier.
BERLUSCONI, ANTISEMITISMO FORMA PIÙ TURPE DI XENOFOBIA “Il giorno della Memoria non puo’ essere soltanto una commemorazione. E’ assolutamente doveroso ricordare la follia totalitaria del Nazismo e il crimine assoluto della Shoah che rappresenta una ferita eterna nella storia dell’umanita’”. Cosi’ il presidente Silvio Berlusconi.
“Ma perche’ questo abbia un senso, perche’ la tragedia non sia stata inutile – aggiunge – occorre fare di piu’. Occorre ricordare che oggi come allora l’antisemitismo e’ la forma piu’ turpe di xenofobia e di aggressione alla dignita’ dell’uomo. Le forme di antisemitismo che ancora circolano nel mondo, il nuovo antisemitismo legato al peggiore integralismo islamico, l’ostilita’ preconcetta verso il mondo ebraico dei cosiddetti ambienti intellettuali europei, sono tutte espressioni della stessa tendenza: per tanti, per troppi l’ebraismo e’ una fede ed una tradizione culturale da sopprimere”.
Per noi invece, dice ancora, “da europei, da liberali, da cristiani l’obbligo e la promessa sono quelle di stare sempre dalla parte del popolo ebraico e del popolo di Israele, e di impegnarci affinche’ gli siano riconosciuti sempre la stessa dignita’ e gli stessi diritti di tutti i popoli dell’Occidente”.
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