Numeri da brividi, dati agghiaccianti. Spalle al muro, disperata e angosciata, l’Italia è abitata da un popolo di giocatori d’azzardo. E come tali votati ad un presente e a un futuro di miseria. Il gioco non ha arricchito mai nessuno, e alla lunga trasforma il giocatore d’azzardo in un disperato. Un miserabile senza più uno straccio di quattrino. Secondo l’Istat, nel 2011 le famiglie italiane hanno speso mediamente oltre 60 euro per lotto e lotterie. In Italia ormai si scommette su tutto, tristi tristissime e allarmanti le conseguenze reali. Il gioco d’azzardo e le scommesse svuotano le tasche degli italiani, già poco piene di loro. Un’autentica calamità particolarmente presenti nei numeri che riguardano dieci città italiane.
Quelle in cui si spende di più nel gioco d’azzardo. Pavia, Bergamo, Rimini, Teramo, Savona, Reggio Emilia, Pescara, Latina, Terni. Ogni pavese ha speso 2.125 euro per il gioco nel periodo gennaio-luglio 2012. Il dato non tiene conto delle puntate on line, quel mondo abitato da popoli incontrollabili. E proprio dalla città lombarda, in Oltrepò, è partita la rivolta delle mogli.
Un’autentica carica per fermare i mariti ormai malati cronici del gioco d’azzardo. Un virus, una malattia, che mette letteralmente in ginocchio il menage familiare a Pavia e dintorni. Le mogli si sono presentate dal giudice: metta fine allo sconcio, interdica i nostri mariti, blocchi i loro conti in barca, ormai prossimi ad essere prosciugati. Provvedimenti che, di norma, investono persone affette da patologia psichiatrica o senile. È la prima volta che il concetto viene allargato a chi è schiavo del gioco. Legge e codici alla mano, il tentativo delle mogli pavesi sembra destinato in partenza all’insuccesso. “I danni provocati dal gioco d’azzardo hanno assunto proporzioni spesso irreparabili”. Una giovane donna è ricorsa al gesto estremo: un satellitare nascosto sull’auto del padre per verificare che non si avvicinasse a qualche bar.
“No slot”, basta il nome per rendere l’idea, l’appellativo per fare capire a tutti i contenuti dell’azione delle mogli di Pavia. Il quotidiano in città si accompagna a un dato che allarma: 520 macchinette mangiasoldi, una ogni 136 abitanti, la più alta densità d’Italia. Il Pil locale denuncia una percentuale di 7,89 per il gioco d’azzardo. Pavia è identificabile come la Las Vegas italiana. Il consiglio comunale le tenta tutte con l’intento di limitare il nefasto fenomeno: a giugno è stata votata una delibera che impedisce il funzionamento delle slot machine a meno di cinquecento metri da chiese, ospedali, scuole. Il provvedimento funziona e non funziona, intanto perché aggirabile. Un film già visto a Verbania: i proprietari dello slot hanno fatto ricorso e l’hanno vinto. Incurante del precedente, Pavia ci dà dentro con straordinaria energia: ospitato il primo corteo anti slot-machine.
Pavia è smodata, nel gioco: 2.892 euro spesi per il gioco nel 2011. Una città evidentemente malata, che non può di certo andare orgogliosa di questa leadership nazionale. Pavia è come prigioniera del gioco, un carcere spontaneo popolato di malati. Tanta gente si è rovinata per colpa del gioco. I familiari, mogli, genitori e parenti dei giocatori, chiedono al giudice che il proprio parente malato venga messo sul medesimo piano di un bambino o di una persona incapace d’intendere. Italia in crisi. Il gioco no, in quanto specchio e spia dei gravi problemi che affliggono l’italiano medio e basso. Pavia prima nella classifica che mette tristezza e sparge angosce, ma altre città non sono da meno, anche se con numeri diversi. Comunque parimenti allarmanti, ma meno pesanti.
Como, ex ricca, spende 1.884 euro l’anno pro capite per il gioco; 1.834 Rimini, 1.701 Savona, in quella Liguria che per antica definizione e consolidata tradizione dovrebbe essere la regione più tirchia d’Italia. Tirchia sì, evidentemente non per il gioco. Nella provincia italiana, sinonimo nei secoli di vita risparmiosa, il gioco d’azzardo ha assunto proporzioni impensabili. A Teramo, ogni teramano spende 1.858 euro l’anno per il gioco. A seguire, Reggio Emilia, Pescara, Latina, Terni. La spesa media italiana per il gioco è di 1.200 euro l’anno. Comunque la giri, siamo diventati effettivamente un popolo di giocatori incalliti, malati di scommesse. In Italia, purtroppo, la dipendenza dal gioco non è ancora riconosciuta come malattia sociale.
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