Morire di gioco, non per gioco. Il gioco mai gioco, quello che uccide. O può uccidere. Milioni d’italiani a rischio, ma sono già tanti quelli che ci hanno rimesso la vita. L’hanno buttata via davanti al poker online, alle slot machine e quante altre diavolerie sono stati inventate per mandare in miseria gli italiani con il vizietto. Gente di tutte le età, dipendenti dal gioco d’azzardo. L’Italia ne è piena, e nessuno, proprio nessuno, ci mette le mani. Quando si parla di gioco, un’autentica malattia, come o peggio della droga, quasi tutti preferiscono non vedere e non sentire. Si girano dall’altra parte. L’indignazione dura ore, qualche giorno al massimo, poi tutto viene messo a tacere. Fino all’ultimo morto o all’ultimo tentativo di suicidio. O suicidio pieno: a Ischia, un ragazzo napoletano del quartiere Soccavo, si è lanciato dalla chiesa del Soccorso. Mario Castaldi si è tolto la vita a diciannove anni dopo aver perso tutti i suoi soldi al gioco on line. In tasca gli era rimasto solo un biglietto: la richiesta di perdono alla madre. “Mamma, perdonami, ho perso tutto al poker on line”.
Questo giornale, ricorderete, il primo serio allarme l’ha lanciato nel 2010. Parole forti, in presenza di precoci segnali, dei primi tentativi di suicidio e delle denunce di persone che al gioco avevano perso tutto, anche la famiglia. Certo, l’incisività prodotta dalla crisi economica è una componente pesante, talvolta la causa scatenante, ma non sempre. Il giocatore, di norma, è una persona malata. Poco equilibrata, inaffidabile; in altri casi è la conseguenza di un licenziamento, della messa in cassa integrazione, della miseria improvvisa e devastante. Il gioco come rimedio? Il peggiore dei rimedi. L’illusione di poter aggiustare la situazione o di risolvere il problema di quella giornata, la bolletta da pagare, la spesa al supermercato. Gli affezionati lettori di questo giornale sanno della campagna da noi effettuata nel 2010. Siamo stati purtroppo facili profeti. E di questo siamo profondamente amareggiati. Anzi di più: addolorati. Perdonate, ma il suicidio di questo diciannovenne non riusciamo proprio a mandarlo giù, per quanti sforzi si possano fare. Un salto nel vuoto di quindici metri e l’impatto mortale: così si è ucciso Mario Castaldi. Il corpo senza vita precipitato dall’ala sud della chiesetta dedicata alla Madonna del Soccorso, è stato trovato da alcuni pescatori in barca, alcune ore dopo il tragico volo. Quelle poche parole scritte su un foglio ripiegato nella tasca del pantalone hanno fugato ogni dubbio sul movente del suicidio. Parole meditate e scritte evidentemente nel cuore della notte. Il gesto estremo preferito alla vergogna di dovere giustificare lo spreco di denaro.
Gesti simili o affini, tragicamente affini, che qua e là si ripetono in Italia. E nessuno, a livello politico o governativo, che sia intervenuto, nessuno che si preoccupi di mettere un freno (o tentare di farlo) al dilagante fenomeno.
Pietro Lagnese, vescovo di Ischia, chiede alla Chiesa di scendere in campo. E allo Stato di darsi una mossa. “Non ha mai fatto nulla per vietare la diffusione delle slot machine, che mandano sul lastrico intere famiglie”. Lotto, grattini e slot machine: da soli bruciano 80 miliardi di euro l’anno. Una cifra mostruosa, che finisce nelle mani della camorra. Un business stratosferico per la malavita, che gestisce il gioco, il banco, tutto. La Campania è terza regione d’Italia per volume di scommesse. La corsa dei poveri all’illusione di giorni migliori. La Guardia di Finanza ha accertato che la metà delle macchinette utilizzate nei bar e nelle sale da gioco è illecita. In particolare in Campania e al Sud. La criminalità investe molto nel gioco d’azzardo. “Il gioco serve alla camorra per riciclare denaro. L’incalcolabile business manda in rovina troppe famiglie”, commenta sdegnato il vice ministro Bubbico. Il Cadocons chiede che si faccia luce sulle reali responsabilità. “La dipendenza diventa molto più pericolosa per chi usa il computer”. L’altra faccia del gioco, l’ultima. La pubblicità via internet come anima del commercio e talvolta del suicidio. L’illusione on line e la pubblicità come veicolo che conducono incontro alla rovina. Necessiterebbero interventi profondi, soprattutto seri, sostenuti dalla buona volontà. Ma chi potrebbe o dovrebbe farli?
Rispondono i numeri, inappellabili come sempre: nel 2011 lo Stato ha incassato 8,8 miliardi dal gioco d’azzardo; gli italiani ne hanno spesi 79,8. Un affarone. Ogni italiano ha puntato mediamente 1930 euro; 1929 per abitante in Campania, una delle regioni più fortemente a rischio, con Lombardia, 15 miliardi giocati nel 2011, Emilia Romagna e Lazio, 9 miliardi di euro. Ma il dato più inquietante è presente nel raffronto tra la tossicodipendenza da droga e la patologia cronica del gioco. In Italia sono censiti 393.000 tossicodipendenti, a fronte di 800.000 giocatori patologici. Il 56% degli italiani malati del gioco affida la scommessa sulla propria esistenza quotidiana ai biglietti del “gratta e vinci”. Il gesto tragico del ragazzo napoletano, suicida a diciannove anni per il gioco, ripropone altri numeri forti e drammatici. In Italia i giocatori a rischio sono due milioni. Un’armata poderosa. Bisognerebbe combatterla con mezzi appropriati, ridurla, annientarla. Impresa difficile, forse impossibile quando saranno messi in campo gli strumenti necessari. Uno innanzitutto: la volontà di risolverlo, il grave problema. “La legge c’è, ma non è stata mai applicata. Le norme sono presenti in un decreto legge del 2012. Andrebbero rafforzate, ma di questo nessuno si preoccupa”, lamenta il senatore Giuseppe Esposito, vice presidente del Copasir, esponente del Pdl. “Bisogna tutelare i minori e vietare la pubblicità”. Sarebbe davvero una grande cosa. Il vice ministro Bubbico promette interventi urgenti. Scettico l’ex senatore Raffaele Lauro. “Vedo che questo governo non ha nessuna intenzione di applicare nessuna norma”. Il solito disgustoso palleggio. Uno squallido minuetto. Il disco gira, il ritornello è sempre lo stesso: parliamone, discutiamone, ma non facciamo nulla, lasciamo le cose come stanno.
Denunce, esposti, promesse, decreti, finti tentativi d’interesse, il popolo ignorante e giocante continua a spennarsi, e qualcuno si toglie la vita. Il lotto, i grattini, le slot, la camorra si fa ricca, lo Stato incassa. Ottanta miliardi di euro circa nel 2011, forse 100 nel 2012. E si parla di mettere l’Imu, nuove tasse, di aumentare l’Iva: cosa volete che conti la dipendenza da gioco d’azzardo se poi la stessa riempie le casse dello Stato? Conta niente, in Italia purtroppo tutto passa. Anche i suicidi da gioco, giovani o meno giovani non cambia nulla.
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