Se le accuse verranno confermate, la vicenda che vede protagonista il cantante Gino Paoli, accusato di aver portato due milioni in Svizzera per sottrarli al fisco italiano, merita una piccola riflessione. Per la cronaca, queste notizie sono secondarie e, se devo essere sincero, il Paoli, ex deputato per il Partito Comunista, si è solo difeso da una tassazione italica sproporzionata. Mi scappa detto che ha fatto bene; in fondo è solo uno dei numerosissimi ricchi che così agiscono. Pagare 800.000 euro di tasse su 2 milioni non ha senso e lui ha pensato bene di portare una parte dei suoi guadagni all’estero. Quindi io giustifico pienamente l’azione, pur sapendo che è illegale.
Quello che invece mi sento di criticare è il lato politico del protagonista, la sua disonestà intellettuale di uomo di sinistra doc. Un vero comunista non lo avrebbe fatto. Uno come Landini (Fiom), che ha la passione nel sangue e nell’energia che emana, non lo avrebbe mai fatto. Gino Paoli, viceversa, sempre se i fatti saranno confermati, rappresenta in modo esemplare i tipico comunista di facciata che per natura non è. Il comunista che ama il denaro a tal punto di nasconderlo.
La storia è piena di persone che per chissà quale causa, sposano una sinistra intellettuale radical chic, sbandierano le loro stoffe rosse e alzano i loro pugni chiusi e poi vivono in ville da nababbi e hanno i loro forzieri con le ricchezze. Si arrangerà il popolo operaio, quello dei cassintegrati e dei disoccupati. Probabilmente per lavorare nel mondo dello spettacolo, dell’arte, delle televisioni, dell’editoria (Gino Paoli è presidente Siae), bisogna far parte di una certa fazione impregnata di una falsità indegna, indegna per un artista che ama la poesia vera, che ama l’amore e i sentimenti come Gino Paoli.
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