Gianni Farina è stato eletto deputato della XV Legislatura nel 2006 con 12mila preferenze raccolte nella ripartizione estera Europa nella lista di centro-sinistra L’unione. Nel 2007, con lo scioglimento della Margherita, ha aderito al PD. Nel 2008 viene rieletto con 21mila preferenze e nel 2013 con 22mila.
Onorevole Farina, come mai se è in carica dal 2006 è così difficile reperire informazioni su internet riguardo la sua carriera politica e il suo operato?
Se c’è scritto poco è anche colpa mia, sono un po’ vecchia scuola! Ritengo che sia compito del partito di appartenenza rendere pubbliche queste informazioni. Con ciò non voglio fare una critica al mio partito, ma alla modernità: oggi conta più l’apparenza, ciò che si mostra e che si pubblicizza, rispetto a ciò che si fa realmente. Questo è un problema della politica in generale.
In che modo i suoi elettori possono informarsi sul suo lavoro?
I miei elettori sanno cosa faccio, godo del rispetto di migliaia di persone. Sono stato eletto con 22mila preferenze, senza l’appoggio di alcun partito, neanche del mio; non che mi abbia remato contro, diciamo che non ero il candidato preferito che veniva indicato per la posizione che ricopro. Posso dire con orgoglio di essere conosciuto e stimato in Francia, Svizzera, Germania e altrove.
Quali sono le sue più grandi conquiste di questi ultimi anni?
Credo sia più giusto parlare di “battaglie collettive”. Ho fatto tanto, insieme a tanti! La mia più grande conquista è stata salvare la Casa d’Italia di Zurigo, una casa storica del patrimonio italiano che verrà modernizzata con un forte investimento da parte delle istituzioni.
Pensa di essere rieletto? E perché dovrebbero votarla?
Io lo spero e lo desidero. Mi dovrebbero votare perché i miei elettori mi conoscono e sanno cosa ho fatto in questi anni.
Il PD ha smantellato la rete consolare e ha ridotto i fondi alla cultura. Come commenta tutto ciò?
Sono stati chiusi consolati nelle zone europee in cui l’emigrazione italiana è molto forte da anni, ma sono state aperte delle sedi in altre parti del mondo strategiche per gli interessi italiani. Il servizio non è mai stato efficiente neanche quando erano aperte agenzie consolari ovunque, il problema è la loro modernizzazione. Serve personale all’altezza e strutture all’avanguardia, in grado di difendere gli interessi degli italiani all’estero, che non sono più quelli degli anni 50-60. La comunità italiana all’estero ha altre esigenze e le istituzioni devono essere in grado di rispondere a queste nuove richieste.
E sul taglio ai fondi per la lingua italiana nel mondo?
I fondi alla cultura sono stati ridotti in un periodo preciso: durante la Legislatura Berlusconi-Monti. Noi abbiamo combattuto una battaglia disperata e infine persa. L’attuale Legislatura, pur non avendo aumentato i fondi all’estero, ha mantenuto quanto si è trovata quattro anni fa.
Per quanto riguarda il suo partito: come vive la scissione?
La scissione è stata un errore gravissimo. L’unità è un patrimonio prezioso per un partito. Io sono con Renzi e rimango all’interno del PD con tutta la convinzione necessaria e con tutto lo spirito unitario che mi ha sempre portato ad impegnarmi nel processo storico della sinistra italiana.
Lei chi ha votato alle primarie?
Le primarie per quanto mi riguarda non sono andate benissimo, io ho votato Orlando. Però rispetto le persone che hanno votato Renzi perché vedono in lui il difensore dell’unità del partito.
Come vede le prossime elezioni in Italia?
Io non sono pessimista. Penso che ricompattando il partito, difendendone la dialettica all’interno e i valori per i quali ci siamo impegnati, porteremo a casa un grande risultato.
Come commenta il risultato delle elezioni presidenziali in Francia?
Un risultato decisamente positivo. Macron è un grande europeista che si è battuto per l’ideale di un’Europa unita in un periodo non molto favorevole. Sono rattristato per il mediocre risultato dei socialisti francesi, ma non dimentico che Macron è stato ministro di un governo socialista sino ad un anno fa, quindi mi aspetto che le sue posizioni siano quelle di un politico che si muove dal centrosinistra alla sinistra.
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