Sono un cattolico praticante e perciò sono sempre cauto nell’esprimere critiche sull’azione del Papa. La settimana scorsa, in Marocco, Papa Francesco ha firmato un documento congiunto con re Muhammad VI nel quale si disconosce la sovranità di Israele su Gerusalemme.
Questo documento recita: “Noi riteniamo importante preservare la Città santa di Gerusalemme / Al Qods Acharif come patrimonio comune dell’umanità e soprattutto per i fedeli delle tre religioni monoteiste, come luogo di incontro e simbolo di coesistenza pacifica, in cui si coltivano il rispetto reciproco e il dialogo”.
Con tutto il rispetto, io penso che il Santo Padre non abbia capito una cosa. Credo non abbia capito che Gerusalemme può svolgere il ruolo di Città santa delle tre fedi monoteiste proprio sotto la sovranità israeliana.
Israele è uno Stato laico, uno Stato che tiene separata la religione dalla politica. Anche una città come Roma può essere considerata patrimonio di tutti. Eppure, essa è la capitale dell’Italia. Evidentemente, una certa parte del mondo cattolico pensa di potere fare un duopolio con il mondo islamico su Gerusalemme, per il fatto che sulla faccia della Terra vi siano circa 1,8 miliardi di musulmani, contro 13 milioni di ebrei.
Ma questa idea ha qualcosa di profondamente sbagliato. In primis, l’Islam è una religione che non concepisce la separazione tra Stato e fede.
Nei Paesi islamici, ebrei e cristiani sono ritenuti “dhimmi”, ossia “protetti”, poiché gente del Libro. Tuttavia, ebrei e cristiani possono professare le loro fedi ma con forti limitazioni.
Per esempio, in un Paese come la Turchia, non si possono costruire i luoghi di culto non musulmani affacciati sulla pubblica via, a causa di una vecchia legge dell’Impero Ottomano. Inoltre, mi pare che non si possa costruire una sinagoga o una chiesa in Arabia Saudita. Dunque, il “duopolio” non può essere fatto.
E poi il documento firmato dal Papa e dal re del Marocco è antistorico, poiché la storia parla chiaro e dice che la Gerusalemme che conosciamo come Città santa sia nata con gli ebrei.
Per finire, questa decisione presa da Papa Francesco rischia di avere gravi ripercussioni anche sul dialogo con gli ebrei, coloro che l’illustre predecessore dell’attuale Pontefice, San Giovanni Paolo II Papa, definì “i nostri fratelli maggiori”.