C’e’ un esodo silenzioso, in Germania, che si sente solo nel cuore della notte, nelle urla di qualche vecchio che piange, fra persone che non sono neppure in grado di capirlo. Perche’ parlano un’altra lingua. Gli ospizi tedeschi sono troppo cari, e molti pensionati vengono mandati oltre confine, nei Paesi dell’est: per ridurre le spese.
E’ la Bild a raccontare di questa massiccia, cinica (ma talvolta magari anche necessaria?) forma di ‘delocalizzazione’, e a fornire dei numeri: sarebbero oltre diecimila gli anziani tedeschi che vivono nei paesi dell’ex blocco sovietico. Una cifra contestata, dall’associazione BPA, che si occupa proprio delle cure alla terza eta’: il fenomeno esiste, ma si tratta di un numero piccolo di persone, e’ la risposta. Un’altra cifra pero’ non e’ disponibile: e’ difficile infatti quantificare, secondo il presidente Herbert Mauel. Nel giorno in cui papa Benedetto XVI chiede un sostegno agli anziani – dicendo di essere ‘uno di loro’ – perche’ possano restare nelle loro case, il tabloid tedesco mette a fuoco un tema doloroso anche nel cuore dell’Europa: e il continente del resto dedica questo anno proprio a una riflessione sul suo ‘’invecchiamento’’. In Ungheria vivevano nel 2007 4261 anziani di origine tedesca: oggi sono quasi il doppio, 7.146. E 3.109 pensionati vivono in Repubblica ceca, circa mille in piu’ di cinque anni fa. Nella Slovacchia il numero dal 2007 e’ raddoppiato da 307 a 615. Non sono gli unici numeri di questa finestra sulla vecchiaia, costretta a emigrare, magari a bordo di un’ambulanza. Se dal 1995 esiste in Germania una cassa pubblica, esattamente come quella sanitaria e quella previdenziale, dove una quota dello stipendio di ciascun cittadino viene destinata alle cure per gli ultimi anni di vita, i costi di assistenza sono elevatissimi. E non tutti possono permetterseli. Il soggiorno in una casa di cura costa oltre 3000 euro al mese, (cifra media fra istituti pubbliche e private). E spesso i figli, chiamati a contribuire, non ce la fanno. Cosi’ si arriva a scelte pragmatiche come la spedizione all’estero di ‘mamma’, o ‘papa’’. Un fenomeno che riguarderebbe almeno diecimila casi, dei due milioni di tedeschi che hanno bisogno di assistenza, e dei circa 20 milioni pensionati, di un popolo, che come quello italiano, invecchia inesorabilmente e trova sempre piu’ difficile finanziare il tramonto della sua esistenza.
Oggi il tabloid di Axel Springer mette in prima pagina la storia di Bertha, che l’anno scorso viveva a Stoccarda, in una casa di cura che costava 1500 euro a lei, e altrettanti alla figlia Karin. Da due mesi questa signora di 78 anni e’ stata trasferita a Pohronsky Ruskov, nel sud della Slovacchia, a 910 km da ‘casa’. In una stanza di 15 metri quadrati, dorme con altre due signore slovacche: neppure ne sa il nome, perche’ non puo’ chiederglielo nella sua lingua. Anche le assistenti non conoscono il tedesco, e lei si esprime a gesti, se non c’e’ a tiro la direttrice dell’istituto, l’unica in grado di capirla. Il vantaggio di questa situazione e’ che, adesso, letto e assistenza costano 1035 euro al mese. Un terzo di quanto pagava in Baden-Wuerttenberg. Cosi’ e’ stata prelevata da una ambulanza e portata nella sua nuova dimora. Di notte, all’inizio, urlava e piangeva. Ora aspetta la figlia, di cui non riesce a parlare male. Karin, invece, vede la cosa praticamente: ‘’La casa rispetta uno standard medio tedesco e mi e’ sembrata adeguata. Per mia madre e’ la stessa cosa dove si trova. Cio’ che conta e’ che qualcuno la accudisca’.
Finito qui? Bild, che sul tema vuole condurre una campagna, non ha affatto finito. Domani sono gia’ annunciate le storie di Maria, 82 anni, che dalla Sassonia si e’ trasferita in Repubblica ceca. E di Margot, 90 anni, che dopo aver trascorso tutta la vita nella stessa regione di Bertha, vive adesso in Ungheria.
Discussione su questo articolo