E’ Gazprom la piu’ grande societa’ al mondo. Favorito dall’effetto cambi il colosso russo nel 2012 sorpassa per la prima volta Toyota e balza in testa alla classifica dei giganti dell’economia mondiale, sempre piu’ dominata dalle compagnie petrolifere e dai gruppi asiatici. Questi ultimi sono i piu’ solidi dal punto di vista finanziario e hanno liquidita’: una carta in piu’ da giocare in possibili acquisizioni nel risiko globale.
Nella top ten, stilata da R&S di Mediobanca, nessun nome italiano: Eni e’ ferma al 12esimo posto ed Exor-Fiat avanza di un gradino al 20esimo grazie a Chrysler. Brilla l’Enel che conquista la medaglia di bronzo scavalcando E.on ma solo se si restringe il campo alle utilities.
Nel gruppo di testa mondiale le posizioni peraltro cambiano se invece del totale dell’attivo (per Gazprom pari a 299 miliardi di euro, per Toyota 283 miliardi) si guarda al valore di borsa: in cima passa Apple (278 miliardi di euro di capitalizzazione) con ExxonMobil al secondo posto (295 miliardi).
Sulle 387 multinazionali che, secondo l’ufficio studi di Piazzetta Cuccia, possono dirsi tali (fatturato sopra i 3 miliardi di euro con almeno l’1% realizzato nel paese di origine e come minimo il 10% all’estero, produzione in almeno un paese straniero), quelle italiane sono soltanto 16 (Eni, Exor, Enel, Telecom, Finmeccanica, Tenaris, Riva, Prysmian, Ferrero, Luxottica le prime dieci). Restano fanalino di coda in Europa, lontano da quelle tedesche e francesi e pesano sul Pil nazionale per il 10,3%, poco piu’ delle 4.000 medie imprese italiane (10,1%). Di buono c’e’ che assumono, ma all’estero piuttosto che in Italia. Un esempio per tutti Eni, al quinto posto tra i big europei del petrolio: negli ultimi dieci anni ha aumentato la forza lavoro al di fuori del nostro Paese del 52% (contro una media europea del 14%) ma ha ridotto quella in Italia del 25% (contro una media del 17%).
Altro e ultimo fattore positivo e’, per le imprese della Penisola, l’aumento dei ricavi high tech, ora in linea col resto del Vecchio Continente. Proprio la ricerca in alta tecnologia viene considerata una via da seguire (con la franco-italiana Stm a fare da modello), visto il buon rendimento del capitale soprattutto nel settore farmaceutico, per le multinazionali europee e nordamericane, che vedono i ricavi sempre piu’ erosi dai giganti asiatici.
Tutti i 387 big esaminati nello studio (335 industriali, 29 tlc con ben tre nomi cinesi nella top ten, 23 utilities) hanno fatturato nel 2012 12.206 miliardi di euro dando lavoro a quasi 32 milioni di persone. Dal 2004 Asia, Russia e resto del mondo hanno tuttavia mangiato fette di mercato della ‘triade’ Europa, Nord America e Giappone, passando al 10,4 al 21,7% del giro d’affari complessivo. Nello stesso periodo l’unica quota di mercato in aumento (dal 23,8 al 31%) e’ stata quella dei giganti del petrolio. Ma la recente inversione dei prezzi del greggio si e’ fatta sentire: i risultati del primo trimestre 2013 segnalano le multinazionali alimentari tra le poche in crescita (+3,9% il fatturato) e quelle dell’energia in frenata (-7,4%). Male, in generale, i gruppi europei (-3,2%), peggio quelli italiani (-3,8%).
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