Un attentato compiuto con una tecnica messa a punto negli anni di piombo dalle Brigate rosse e dalle formazioni terroristiche armate come i NAP, i Nuclei Armati Proletari: cosi’ e’ stato ferito l’ad di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi. Ne sono convinti a Genova inquirenti e investigatori che hanno incrociato in queste ore le testimonianze del dirigente e quelle di coloro che hanno assistito all’agguato.
Chi ha sparato ad Adinolfi ha seguito la strategia in uso alle Brigate rosse negli anni ’70: hanno rubato un mezzo lontano dal centro di Genova e l’hanno tenuto nascosto per due mesi mentre effettuavano una ‘istruttoria’ sulla vittima per imparare a memoria non solo il volto del dirigente, ma anche i suoi spostamenti, le sue abitudini, i suoi orari. Alle 8 del mattino di lunedi’ 7 maggio i due, volto coperto dal casco, giacca a vento scura e guanti sono andati sul sicuro. Non hanno avuto bisogno di parlare ne’ di chiamare Adinolfi per nome per essere sicuri che fosse proprio lui. Uno dei due, sceso dalla moto, l’ha seguito, si e’ piegato e ha sparato non per uccidere ma per ‘azzoppare’ il dirigente mancando la rotula a causa, probabilmente, dei pantaloni larghi. Poi la fuga, l’abbandono del mezzo vicino alla stazione ferroviaria con la targa in vista, cosa questa che ha fatto concentrare gli investigatori su un punto e che ha regalato ‘tempo’ ai fuggitivi.
I magistrati Silvio Franz e Nicola Piacente, che coordinano lo speciale pool di carabinieri del Ros e digos della questura di Genova, hanno disposto una perizia medico legale, affidandola al dottor Marco Salvi, sulla ferita patita da Adinolfi.
Contemporaneamente hanno ‘messo sotto sorveglianza’ alcune utenze gia’ in passato ritenute ‘interessanti’ a fini investigativi. Tutto questo mentre sia i Gruppi Armati Proletari (una formazione marxista-leninista che risale agli anni di Feltrinelli e che oggi potrebbe raccogliere nostalgici), sia un tal ‘Compagno Tokarev’ forniscono con un comunicato via web la loro ‘solidarieta’ ‘complice’ agli attentatori.
I documenti sono stati diffusi in rete dal network Indymedia Italia e Svizzera. La gambizzazione di Adinolfi non e’ stata rivendicata anche perche’, come si legge in uno dei due documenti, ‘non abbiamo bisogno di rivendicazioni esplicative. Abbiamo bisogno di gesti’.
Il lavoro degli inquirenti prosegue ancora verso tre ambiti specifici: la lotta armata, l’interventismo anarco insurrezionalista e una pista che riguarda il lavoro e l’azienda di Adinolfi. Per questo, i magistrati hanno sentito alcuni dei dirigenti di Ansaldo (l’ultimo, in ordine di tempo, il direttore del personale di Ansaldo Nucleare), ma questa pista sembra raffreddarsi giorno dopo giorno. L’attivita’ investigativa procede di pari passo con gli accertamenti balistici e tecnico-scientifici: la comparazione delle impronte digitali e del dna trovate sullo scooter ma anche la visione dei filmati registrati dalla videosorveglianza della zona tra Marassi e Brignole. Un lavoro paziente e quotidiano perche’ se e’ vero, come si legge nel comunicato del ‘Compagno Tokarev’, che ‘il terrorismo non e’ tornato perche’ non se ne e’ mai andato’, e’ necessario fare in fretta.
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