Alessandro Fusacchia, 40enne reatino, è deputato eletto nella circoscrizione Europa per la lista +Europa. È stato consigliere di Emma Bonino al Ministero degli Esteri e capo di gabinetto di Stefania Giannini al Ministero dell’Istruzione. È segretario di MOVIMENTA, un nuovo soggetto politico europeista e liberale-progressista. Fusacchia fa parte della commissione Cultura, Scienze e Istruzione della Camera.
Onorevole Fusacchia, lei ha avuto esperienze politiche e lavorative in diversi Paesi europei. Cosa porta agli italiani all’estero e quali sono le sue impressioni in questi primi mesi di legislatura?
Ho fatto una campagna elettorale molto improntata sul concetto di mobilità. Parto dall’idea che gli emigrati delle nuove generazioni non sono come quelli di cinquanta o cento anni fa. Sono persone che magari vanno due anni a Londra, tre a Parigi, e così via. E non vale solo per i giovani ricercatori ma per tutti, perché sono decine di migliaia quelli che ogni anno lasciano l’Italia. E noi dobbiamo costruire uno spazio unico dove questa mobilità favorisca la ricerca e l’incontro con le opportunità, per questo serve una Europa unita che offra formazione e lavoro.
Nel frattempo ci siamo ritrovati con un Governo che vuole riportare l’Italia al medioevo, altro che avere una visione moderna di Europa. Il primo anti-italiano è Salvini, che fa il gioco di Putin e Trump, che puntano a spaccare l’Europa e quindi a dominare tutti gli staterelli di cui si compone. Noi italiani dovremmo capirlo meglio degli altri, visto la nostra storia prima dell’Unità d’Italia. Solo un’Europa unita può davvero difendere gli interessi dei suoi cittadini, e quindi anche degli italiani.
Come considera il lavoro del Sottosegretario Merlo e ci sono proposte di cui vorrebbe discutere insieme?
Ho una visione politica molto distante da quella del Sottosegretario e del Governo. Sui servizi ai nostri concittadini dobbiamo lavorare insieme – ad esempio penso che una massiccia digitalizzazione aiuterebbe i consolati. Dobbiamo anche ragionare su come valorizzare gli italiani all’estero, e anche su questo credo che abbiamo posizioni diverse, perché penso che le comunità di italiani all’estero siano molto diverse tra di loro: le comunità in Argentina migrate cento anni fa non sono simili a quelle della periferia di Bruxelles o da chi fa l’università a Parigi oggi. La scommessa è fare sentire a tutti che sono parte di una rete diffusa e che devono vivere e viversi come cittadini del mondo.
Cosa è MOVIMENTA e quali sono i suoi obbiettivi?
È un gruppo di persone nato un anno fa che arriva da esperienze non politiche ma professionali e associative di vari ambiti. Siamo partiti da tre considerazioni. La prima è quella di affrontare le grandi problematiche nazionali legate alla società e al lavoro, smettendo di fare politica “con lo specchietto retrovisore”. La seconda è di non fare politica sui social: Facebook deve essere uno strumento per raccontare cosa succede nel mondo reale, è quindi necessario trovare una riscoperta della fisicità della politica, cioè la capacità di incontrare le persone, di creare un dialogo e instaurare fiducia e trasmettere sentimenti positivi, contrariamente a quello che succede oggi. Infine la dimensione europea: siamo molto europeisti, riteniamo che ci siano molti limiti nella UE ma le grandi sfide possono essere affrontate solo con un continente unito, con soli 60 milioni di abitanti non andremo da nessuna parte.
Il tema del lavoro poi è l’argomento principale: diritti e tutele. Oggi il lavoro è cambiato e la forte precarizzazione va affrontata. E poi aiutare le piccole imprese a crescere nell’affrontare le problematiche, la ricerca e l’internazionalizzazione così da costruire nuovi posti di lavoro. Dietro questo c’è la questione del capitale umano e della sua formazione, la necessità di una burocrazia agile che abiliti le imprese a lavorare. La “macchina” deve essere messa in condizione di lavorare in modo efficace.
Altro aspetto importante per MOVIMENTA è la formazione politica, i partiti non esistono più e non viene fatta da nessuno. Questo crea un problema enorme perché in molti stanno prendendo consapevolezza, un aspetto che porta i cittadini a partecipare attivamente, ma poi le persone si chiedono “come si fa politica oggi?”. Lì dobbiamo intervenire dando strumenti e contenuti. Quello che abbiamo fatto è ragionare su tutto questo, mettendo insieme persone appassionate e solide, ed evitando vecchi schemi in stile anni ’90.
Ci sono altri movimenti che stanno lavorando su questo. Avete aperto un discorso anche con loro?
Stiamo dialogando con realtà come DiEM25 o il movimento dei sindaci di Pascucci e Pizzarotti, quasi quotidianamente. Ma guardo con molta simpatia anche ai ragazzi di Volt. Dobbiamo capire come proporre agli elettori qualcosa di nuovo, che sia di forte contrasto ai nazionalisti ma anche all’establishment e che rappresenti una ribellione contro lo stallo attuale e lo status quo.
Voto all’estero. Lei ha denunciato problematiche e pericolo di brogli. Qual è la sua proposta per migliorare le modalità e la partecipazione del voto all’estero?
Ho proposto il voto elettronico. Non è una cosa facile da realizzare, bisogna capire come realizzarlo ma sicuramente aumenterebbe le percentuali di partecipazione. E soprattutto non è accettabile il sistema attuale, che non garantisce segretezza e è debolissimo contro i brogli, e quindi poco dignitoso per un Paese democratico e civile. Il dibattito sul voto elettronico è chiaramente legato alla sicurezza e alla segretezza del voto. Ma siccome io credo nel progresso della scienza e nella tecnica, sono sicuro che si potranno sviluppare in tempi brevi sistemi efficienti. Non sono un informatico ma gli esperti mi hanno dato pareri diversi. Parto dall’idea che arriveremo a un livello tecnico che ci permetterà questo sviluppo. Se non è sicuro oggi, lo sarà domani: lavoriamo in quella direzione.
Quanto è sicuro il voto degli italiani all’estero oggi? Siamo sicuri che il rischio informatico sia più alto del rischio attuale legato ad un sistema di buste di carta che viaggiano senza controlli in giro per il mondo? Buste che non arrivano o che arrivano a indirizzi vecchi, che vengono perse o sottratte e vendute. C’è un mercato nero del voto degli italiani all’estero che facciamo finta di non vedere. Meglio fare una sperimentazione che tenti di superare tutto questo.
Che giudizio dà sulle manovre economiche attuate e su quelle annunciate come il reddito di cittadinanza o lo sforamento del deficit?
Credo che il Paese abbia bisogno di sviluppo economico e non è certo il reddito di cittadinanza quello che può rimettere in moto il Paese e creare lavoro. E poi, sanno solo ragionare in termini di spesa corrente e mai di investimenti. C’è una enorme differenza e non si può usare l’Europa come capro espiatorio perché non si sa reperire i fondi o perché le promesse sono state troppe, come se si potesse governare con la bacchetta magica invece che con umiltà e competenza.