L’esodo dei ricercatori italiani all’estero, comporta un generale impoverimento non solo da un punto di vista culturale, ma anche economico. L’esportazione di capitale intellettuale – scrivono gli studenti su Il Resto del Carlino (ed. Ancona) – non è solo una perdita di persone e del denaro speso per formarle, le innovazioni prodotte all’estero dai cervelli in fuga saranno proprietà dei Paesi in cui sono state realizzate, da cui il Paese d’origine dovrà in qualche modo ricomprarle.
Secondo il rapporto annuale del 2019 sugli italiani nel mondo curato dalla fondazione Migrantes, in dieci anni il numero di espatri è triplicato (da 39mila nel 2008 a 117mila nel 2018).
Nell’ultimo anno le partenze hanno riguardato soprattutto i giovani: nel 40% dei casi ragazzi fra i 18 e i 24 anni. Le mete più gettonate sono Inghilterra, Spagna, Brasile e Argentina, ma molti decidono di trasferirsi in paesi in forte sviluppo quali India, Emirati Arabi e Sud Africa.