“Si è acceso il dibattito nel sistema scolastico sul tema del costo della vita e degli stipendi nell’ambito della scuola pubblica. Ma la questione riguarda anche l’università – scrive Milano Finanza -. Le cosiddette asimmetrie salariali sono presenti nel sistema accademico in Europa, dove sono sempre più presenti leve come produttività, premialità, esternalizzazioni e merito, attrattività e controllo della fuga dei cervelli.
Il tema prioritario di riportare nel nostro Paese i cervelli ad alta specializzazione ha avuto un richiamo anche grazie ai risultati emersi dal rapporto HERe (Higher Education Research) della Fondazione Crui, la Conferenza dei rettori delle università italiane, che associa le università pubbliche e private in Italia.
La domanda che risuona forte è: i salari degli accademici in Europa sono uguali tra i vari Paesi e nei vari ruoli o vi sono macroscopiche differenze? È possibile immaginare un modello standardizzato di classificazione dei ruoli accademici?”.
“Nell’Unione Europea si passa dal salario medio annuo per un ricercatore, adeguato al costo della vita, in Austria o in Danimarca intorno ai 62.000 euro contro i 36.000 in Italia e ai 56.000 della Germania. Tra i più grandi esportatori di ricercatori – sottolinea il quotidiano economico – troviamo l’India e l’Italia mentre chi importa i nostri cervelli sono il Canada, l’Australia e la Svezia ed in questo scenario dall’Italia si fugge verso la Germania, la Francia e il Regno Unito. E le motivazioni le abbiamo messe in luce in vari contributi scientifici”.