Accecati dalla crisi. Folgorati dal disagio galoppante, non più permanente. Il crollo di tutto usato però talvolta anche per giustificare aumenti a pioggia. Autentici bombardamenti sul consumatore, costretto a fare i conti con l’impennata dei costi, che poi sono sinonimi dell’impossibilità di vivere. Paradigmi dell’incapacità forzata di non riuscire ad arrivare a fine mese con la busta paga. Quando c’è ancora, visto e provato che nell’Italia della disoccupazione crescente lavoro e busta paga sono
diventati una sorta di optional.
Si lamentano, ci lamentiamo tutti, aggrappati alle promesse di cambiamento sbandierate da Renzi. Armati di santa pazienza, siamo tenuti ad ascoltare il lamento, questo sì giustificato, di chi fa una fatica boia a far quadrare il bilancio familiare e la litania di quanti denunciano gli aumenti dei prezzi che sono costretti a praticare perché tutto costa di più, i costi sono lievitati soprattutto per noi, poveracci che poi dobbiamo rivendere i costi maggiorati agli altri. Normale che il pubblico paghi di più”.
Gli operatori del turismo denunciano, parlano, fanno paragoni con i vantaggi di ieri e gli svantaggi di oggi. “Siamo tenuti ad adeguarci, non possiamo fare altrimenti, pena la morte delle nostre attività”. Parlano così albergatori, ristoratori, proprietari e gestori di pensioni. La filiera del turismo e della buona accoglienza. Dovremmo essere, noi italiani i maestri in entrambi gli aspetti. Siamo diventati un’altra cosa. Che cosa? Siamo il Paese più costoso, la meta turistica più cara del Mediterraneo. No, non è una balla. Se continua così, se l’impennata non dovesse frenarsi diventeremmo il Paese ex in ambito turistico. Un Paese evitato da tutti, isolato dai grandi circuiti turistici, poco e mal frequentato.
L’allarme l’ha lanciato un’organizzazione del settore, la Coldiretti. Una sconcertante e preoccupante conclusione emerge dai dati dell’indagine fresca quasi di giornata. La conclusione si presta anche ad un manifesto ironico, che non è un invito a proseguire, proprio no. “Venite in Italia, anche se niente è più costoso di questi luoghi. Almeno nel Mediterraneo”. Ironia e paradosso a nascondere l’allarmante realtà.
Diffusa sabato scorso, sulla base dei dati Eurostat, l’analisi della Coldiretti evidenzia come sia l’Italia il posto europeo più caro dove andare in vacanza. Prodigo di dati, comparazioni, numeri e osservazioni, l’indagine riferisce quanto segue: la spesa individuale e familiare per hotel e ristoranti in Italia è superiore al 10% rispetto alla spesa europea. Come mai e come la spiegate, signori albergatori e ristoratori? Scontata la risposta: aumenta tutto, giorno dopo giorno, normale che debbano crescere anche i prezzi. Fatto sta che le tariffe italiane non hanno riscontro rispetto alla media europea. Amara considerazione porta in un’unica direzione: superato lo spread, gli incassi turistici sono sempre più poveri, frenati dall’odioso “sovrapprezzo che i vacanzieri debbono pagare”.
Coldiretti ha analizzato l’andamento verso il basso, il precipizio in cui rischia di andarsi a confondere il turismo in Italia. Hotel e ristoranti hanno costi “nettamente superiori rispetto alle mete concorrenti del Mediterraneo”. In soldoni, l’angolo più convenite è il Montenegro, giovane repubblica nell’ex Jugoslavia, mare e tante altre cose. Lungo la costa, si paga il 37% rispetto alla media comunitaria. In Croazia il risparmio è mediamente del 26%; il 23 in Portogallo.
L’Italia, nel turismo, è diventata perdente come nel calcio. La Grecia è vicina, praticamente presente fuori della porta di casa nostra. Alloggio e ristorazione costano mediamente il 12% in meno rispetto alle località costiere italiane. Dove per permetterti una cabina sulla spiaggia, un ombrellone e un lettino, devi essere passato prima dalla banca dove sei correntista. Costa un occhio, un autentico scandalo. Siamo precipitati all’ultimo posto della classifica del turismo. L’Italia sul fondo, e sopra anche la Spagna: 9% in meno rispetto a noi. Fuga dall’Italia? Fuga dalla nostra grande bellezza? L’ipotesi è seria, non è detto
che non si possa materializzare.
Turismo in fuga, Coldiretti ha lanciato l’allarme. In prospettiva il pericolo esiste, confortato da andazzo e tendenza negativi. L’insidia non riguarda l’Europa, almeno per ora. Il Vecchio Continente è una delle mete preferite del turismo internazionale, malgrado tutto. Malgrado la bufera senza fine della crisi. Il flusso di viaggiatori da tutto il mondo verso l’Europa è cresciuto del 5% nel 2013. I picchi nella parte centrale e orientale, +7%. Siamo messi davvero male. Se l’Italia piange, sorridono Spagna e Grecia, mete di flussi di visitatori internazionali in continuo, costante aumento. Rispettivamente, sull’ordine del 4 e del 8 per cento. I numeri sono tutti contro l’Italia, a dispetto del fatto che continua a essere una delle mete turistiche preferite.
L’Osservatorio Nazionale del Turismo osserva come, nel 2013, sull’Italia sia pesato il – 4,3% negli arrivi, molto più evidente e ampio per quanto riguarda i connazionali (-8%) presenti nelle località turistiche.
Infine la previsione, ancora più allarmante, e spia di una situazione tutta in divenire. A luglio e agosto, un italiano su tre (il 28%) non si muoverà da casa o sceglierà l’albergo meno costoso vicino a casa.
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