Importanti chiarimenti per i diritti e i doveri fiscali dei lavoratori “frontalieri” sono stati forniti dall’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione 38/E del 28 marzo u.s.. che ha come oggetto il regime fiscale del reddito di lavoro dipendente prodotto da soggetti frontalieri che svolgono la prestazione lavorativa in Svizzera. I chiarimenti erano stati richiesti in un Ordine del giorno approvato dal Senato della Repubblica in occasione della conversione in legge del Dl n. 193/2016 recante “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili”. L’Odg tra le altre cose impegnava il Governo a fornire la definizione di “lavoratore frontaliero svizzero”.
La questione posta non era marginale in quanto riguardava le modalità delle compensazione finanziarie che alcuni cantoni svizzeri effettuano a favore dei comuni di residenza dei frontalieri sulla base di un Decreto periodico emanato dal MEF che deve individuare i “Criteri di ripartizione e utilizzazione delle compensazioni finanziarie operate dai Cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese a favore dei comuni italiani di confine”. Con la sua Risoluzione l’Agenzia delle Entrate ricorda che l’accordo stipulato dall’Italia e dalla Svizzera nel 1974 stabilisce che i compensi e gli stipendi corrisposti ai frontalieri sono tassati nel Paese in cui l’attività è svolta (in questo caso, la Svizzera).
I cantoni interessati (Grigioni, Ticino e Vallese), a loro volta, versano ogni anno ai comuni italiani di confine una parte del gettito fiscale proveniente dalle imposte (federali, cantonali e comunali) versate dagli italiani per il reddito lì prodotto, a compensazione finanziaria delle spese sostenute per i “pendolari” residenti nel loro territorio.
I criteri di ripartizione e utilizzazione delle compensazioni finanziarie, stabiliti con il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze prevedono, tra l’altro, che “La ripartizione delle somme affluite per compensazione finanziaria viene limitata ai comuni il cui territorio sia compreso, in tutto o in parte, nella fascia di 20 km dalla linea di confine con l’Italia dei tre cantoni del Ticino, dei Grigioni e del Vallese…”. Tale ripartizione, stabilisce la normativa in vigore, è operata dividendo l’importo globale della compensazione finanziaria, versata dai tre cantoni summenzionati per il numero complessivo del lavoratori frontalieri residenti, alla data del 31 agosto di ciascun anno, nei «Comuni di confine» e che abbiano svolto nel corso dell’anno attività di lavoro dipendente in uno dei tre cantoni in questione.
La Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate ricorda che dalle disposizioni in vigore risulta che la qualificazione di “frontaliero” svizzero, delineata a livello convenzionale, è da riconoscersi ai lavoratori che siano residenti in un Comune il cui territorio sia compreso, in tutto o in parte, nella fascia di 20 Km dal confine con uno dei Cantoni del Ticino, dei Grigioni e del Vallese, ove si recano per svolgere l’attività di lavoro dipendente.
In particolare, giova ricordare, l’Accordo stipulato tra l’Italia e la Svizzera il 3 ottobre 1974 prevede genericamente che i frontalieri “esercitano un’attività dipendente sul territorio di uno dei detti Cantoni” e non richiedono l’ulteriore condizione che l’attività sia prestata in un Cantone “frontista” rispetto al comune di residenza. Ne deriva così una importante logica conseguenza, e cioè che solo qualora il Comune italiano di residenza del lavoratore frontaliero disti più di 20 km dal confine dei tre Cantoni svizzeri, in luogo dell’articolo 1 dell’Accordo del 3 ottobre 1974 troverà applicazione l’articolo 15 della Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata dal nostro Paese con la Confederazione Svizzera.
In tal caso quindi – spiega la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate – il lavoratore che si sposta quotidianamente in Svizzera per svolgere la sua attività pagherà le imposte in Italia che applicherà la sua potestà impositiva applicando tuttavia il beneficio della franchigia di 7.500 euro prevista per i redditi di lavoro dipendente prestato fuori dallo Stato in zone di frontiera (articolo 1, comma 175, legge 147/2013).
Infine l’Italia è tenuta a riconoscere inoltre il credito per le imposte pagate all’estero ed, in particolare, ai sensi dell’articolo 165, comma 10, del TUIR il credito sarà riconosciuto riducendo l’imposta estera in misura corrispondente al reddito all’estero che ha concorso alla formazione del reddito complessivo. Nella sua Risoluzione a firma del Direttore Centrale Dott. Annibale Dodero, l’Agenzia chiede alle Direzioni regionali di vigilare affinché i principi enunciati e le istruzioni fornite vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.
Marco Fedi e Fabio Porta, deputati Pd eletti all’estero
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