Dobbiamo chiedercelo: quali cibi arrivano sulle tavole degli italiani. È doveroso inoltre entrare nel dettaglio principale e
rivolgerci la domanda più importante: cosa mangiamo? O meglio, cosa ci danno da mangiare quando non prestiamo attenzione a quello che compriamo. Sarebbe opportuno possedere un decalogo, basato sulla massima attenzione alle etichette, intese come descrizione del prodotto e provenienza.
La verità è questa: noi italiani, al pari dei consumatori di mezzo mondo, siamo vittime delle frodi alimentari e prigionieri di un sistema spesso incontrollabile. Fino a prova a contraria, fino a quando la notizia di sequestri di prodotti e ritiro dal commercio degli stessi non diventa di pubblico dominio.
Al centro delle frode recenti ora c’è la pasta, che con farina e pane rappresenta le occasioni preferite per l’imbroglio. Le frodi che interessano questi prodotti sono in testa in Italia, con il sedici per cento in percentuale. Seguono le carni (undici per cento), i vini e gli alcolici, con il cinque per cento.
Le frodi alimentari si sono inserite di prepotenza nella storia e nel costume italiano. Hanno sinceramente ammorbato nel tempo. Il vino al metanolo, impossibile dimenticarlo. I polli gonfiati, i latticini avariati. Ma questo è il minimo, roba per dilettanti. Le vere frodi in Italia sono opera di professionisti ai quali si riconosce perfino uno sconto definendoli criminali. Quelli della mozzarella blu, delle bufale dopate, dei prodotti ringiovaniti, dell’olio di sansa spacciato per olio di oliva extravergine, le uova false bio, i funghi cinesi. E che dire della mitica carne alla diossina del 2008? Un mondo di male. Come pure dell’aceto balsamico taroccato.
Fresco scandalo, l’ultimo in ordine di tempo, quello estremo di una lunga lista, quello dei tortellini alla carne di cavallo. Una variazione delinquenziale che fa inorridire gli storici, inesausti amanti della prelibata pietanza. I tortellini con carne di manzo, come da antica tradizione in uso in special mondo dove questo piatto è re: l’Emilia Romagna. Inorridiscono anche chef e gourmet toscani, umbri, marchigiani, oltretutto indispettiti dalla bestemmia inaccettabile.
Scandali che si rincorrono in Italia e in Europa, ne sono coinvolti tutti, senza eccezione alcuna, piccole aziende e grande distribuzione. L’Ikea, per dire della sua pasta a forma di alce, ritirata dal commercio. Il motivo? La presenza di soia non dichiarata in etichetta. Sissignori, la soia nella pasta integrale Ikea può causare fastidi e danni a consumatori allergici appunto alla soia. L’assenza dell’avvertimento in etichetta può innescare processi dolorosi, di cattiva salute. Ikea invita i clienti a restituire i pacchi di pasta integrale a forma di alce in loro possesso e ai supermercati la restituzione dei soldi spesi per l’acquisto o accettare la richiesta di sostituzione con altro prodotto. Intanto ha provveduto a ritirare dagli scaffali la Pasta Aalgar e Follkorn.
In fermento i consumatori di Liguria, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Veneto. Impegnati tutti nel recupero dei soldi spesi: hanno acquistato Pasta Girolomoni, penne rigate integrali contenenti ocratossina, una microtossina, oltre i limiti previsti e consentiti dalla legge. Due i lotti incriminati, sparsi in ottantacinque punti di vendita. La segnalazione è arrivata da un consumatore, insospettito da un odore anomalo. L’ocratossina, dopo la trasformazione del farro, è reperibile nel prodotto finito. Il provvedimento di ritiro del prodotto dagli scaffali riguarda le penne integrali in confezione da cinquecento grammi e gli spaghetti integrali al farro.
Ancora pasta, ma di salame. Una frode, questa, scoperta sui banchi di Eurospin, che ha disposto il ritiro del prodotto per problemi di inquinamento. Pasta di salame confezionata in vaschette di vario peso, lotto 1601, scadenza venticinque febbraio 2015. La storia recente conferma che sulla nostra tavola può arrivare di tutto di più, se non impieghiamo un minimo di attenzione. Ne va della nostra salute, diamoci una regolata. Anche e soprattutto per le bombe di zucchero.
Colosso nordamericano dell’industria dolciaria, Mars h dovuto ritirare dal commercio milioni di pezzi prodotti in Olanda dalla Veghel, all’inizio dell’anno. Finiranno chissà dove le scatole dei piaceri soprattutto dei ragazzi, e non solo. Snickers, Mars, Milkway, Mins e i dolciumi Celebrations. La multinazionale Mars è in grado di realizzare con i dolci un business di 33 milioni di dollari all’anno. Ma questo del ritiro delle mitiche barrette e di quant’altro è per lei un brutto colpo. Il ritiro dei prodotti si è reso necessario in seguito alla denuncia di un consumatore tedesco. Ha trovato un pezzetto di plastica rossa all’interno di una barretta prodotta in Olanda, comprata l’otto gennaio. I Paesi coinvolti sono cinquantacinque. Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna, e altri. Gli Stati Uniti no.
Mars ha esteso i controlli di sicurezza allo Sri Lanka e al Vietnam. “Stiamo indagando con oculatezza, ma siamo certi che il pezzetto di plastica rossa non sia presente in altro nostro prodotto. Abbiamo ritirato i prodotti in maniera del tutto volontaria dalla fabbrica coinvolta che distribuisce le barrette in gran parte dell’Europa”.
Fabbrica fondata nel 1963, Veghel si è affrettata a precisare che mai nessun prodotto dolciario da lei messo in commercio per Mars è stato richiamato. Magari è verissimo, intanto però il dolce pasticcio da milioni di pezzi è servito.
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