La Francia ha dato il via libera definitivo, con l’approvazione unanime del Senato, alla cosiddetta ‘legge anti-Amazon’ sui prezzi dei libri venduti online, che vieta gli sconti troppo rilevanti per tutelare i piccoli rivenditori. Il provvedimento, presentato dall’opposizione di centrodestra ma sostenuto anche da governo e maggioranza, prevede che ai grandi portali di e-commerce sia vietato cumulare sullo stesso prodotto due riduzioni di prezzo: lo sconto del 5% sul ‘prezzo unico’ del libro (imposto Oltralpe da un’altra legge a tutela delle librerie, emanata negli anni Ottanta per impedire ai supermercati di vendere i best seller a prezzi stracciati) e la spedizione gratuita direttamente a casa. Mantenuta invece la possibilita’ di cancellare le spese di trasporto per chi si fa consegnare i libri presso un negozio, un ufficio postale o un punto di ritiro convenzionato.
"Le leggi sull’economia del libro suscitano sempre consenso, lo verifichiamo una volta di piu’ – ha commentato il ministro della Cultura Aurelie Filippetti – E’ il segno dell’attaccamento profondo della nazione al libro, dell’idea che la Francia si fa di se stessa, della sua storia e del suo futuro". Parole confermate dalla relatrice del provvedimento alla commissione Cultura, Bariza Khiari, secondo cui questa misura limitante era "l’unica soluzione" per evitare che le grandi piattaforme di vendita sul web, in testa Amazon, che in Francia domina il segmento con una quota di mercato del 70%, godessero di un "vantaggio concorrenziale" eccessivo sulle librerie, e finissero per "soffocarle".
Nella sinistra transalpina c’e’ pero’ chi chiede di fare di piu’, in particolare sul fronte della tassazione. "Serve una grande riforma fiscale – ha dichiarato la senatrice comunista Brigitte Gonthier-Maurin – perche’ i ‘pure players’ (aziende attive solo nel ramo digitale), installati in paradisi fiscali, nn versano niente per l’Iva e quasi niente per la tassa sulle imprese". Un tema su cui il dibattito e’ da tempo aperto anche in ambito internazionale, dove gruppi di lavoro dell’Ocse e del G20 lavorano alle possibili contromisure per i cosiddetti meccanismi di ‘ottimizzazione fiscale’, con cui le grandi aziende multinazionali, e soprattutto i giganti dell’informatica come Google o Microsoft, sfruttano la loro presenza globale per pagare meno tasse possibile.
Discussione su questo articolo