C’è molta maretta in Forza Italia. L’inizio dell’inquietudine è coincisa con la promozione di Stefano Parisi a braccio destro di Berlusconi ad opera dello stesso Cavaliere. Non si capisce se nel partito tutti temano di essere emarginati e poi esclusi, oppure se siano invidiosi della rapida ascesa del manager già candidato sindaco di Milano, che solo per un soffio non è riuscito a entrare a Palazzo Marino.
Sia come sia, Parisi novello dominus ha scatenato nei militanti sentimenti di antipatia. Qualcuno lo critica con asprezza perché lo considera un parvenu, un nominato, come usa dire in politichese, non tenendo conto che non ce n’è uno con la casacca azzurra che non sia stato scelto da Silvio. In sostanza ogni miracolato si illude di essere stato selezionato per i propri (misteriosi) meriti e accusa chiunque altro sia entrato in Parlamento utilizzando lo stesso propellente di appartenere alla schiera dei raccomandati. Uno viene prelevato da Mediaset e issato su uno scranno e si convince: sono uno statista nato. Ma se qualcun altro segue il medesimo percorso è un fesso che ha vinto al Superenalotto.
Questa è la situazione in Forza Italia, fondata da Berlusconi a propria immagine e somiglianza, dove il padrone non viene eletto e non permette che i suoi collaboratori a loro volta siano eletti: provvede lui in base al proprio giudizio a stabilire le gerarchie.
Ma la cosa che più stupisce nella contestazione collettiva di Parisi è la faccia di tolla dei contestatori, tutta gente che ha fattivamente contribuito a ridurre in tocchi il partito (giunto ormai ai minimi storici, 10-12%) e che pertanto dovrebbe ritirarsi a vita privata, mentre, al contrario, attacca brutalmente l’unico uomo capace di invertire la tendenza mortuaria a livello di consenso popolari.
Parisi fino a qualche mese fa era un illustre sconosciuto. Allorchè Berlusconi lo indicò, fra lo sconcerto generale, quale avversario di Sala, nessuno ipotizzava che potesse competere con il signor Expo. Si riteneva che fosse in grado di limitare i danni, ma Forza Italia non era valutata all’altezza del Pd. Viceversa Stefano, dopo un avvio in sordina, con l’aiuto di Mariastella Gelmini, ha cominciato a guadagnare terreno, arrivando ad insidiare il "nemico" e rivelando di avere stoffa.
Al ballottaggio, quello che era ritenuto un galoppino, si è comportato da eccellente corridore al punto che fino all’ultima scheda Sala ha rischiato di perdere.
Di fronte a una simile brillante prestazione, ovvio che l Cavaliere abbia chiamato a corte il campioncino, pregandolo di prendere in mano le redini del partito allo sbando, zeppo di scartine supponenti (desiderose soltanto di conservare o ottenere una poltrona comoda con prebende annesse) ma prive di talento per fare altro che non sia la cura di interessi personali. Difatti il gruppo azzurro è diventato un drappello di disperati con l’ambizione di avere una fettina di potere.
Ora sono proprio costoro ad agitarsi e a berciare allo scopo di porre in cattiva luce il cavallino rampante e favorirne l’allontanamento per indegnità. Non sarà facile che colgano l’obiettivo, ma non si sa mai. Berlusconi è volubile e cambia sovente idea anche nelle circostanze in cui l’ha indovinata. Ci auguriamo che tenga duro. Se non ce la fa Parisi a resuscitare il cadaverino di Forza Italia non vediamo quale altro leader sia pronto a farlo. Per il semplice motivo che un altro non c’è. E noi ne siamo consapevoli. Auguri Stefano. O tu o la nebbia.
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