I giovani professionisti, coloro che hanno meno di 30 anni, in Italia sono solo il 9,14% e si concentrano nelle discipline dell’area tecnica: geometri, periti, agronomi e forestali. Professioni dove la retribuzione è mediamente inferiore rispetto alle altre che richiedono l’iscrizione a un albo, come medici, avvocati e notai. Sono alcuni dati contenuti nella ricerca "Dall’Italia all’Europa, dall’Europa all’Italia, Giovani professionisti in movimento" realizzata dal Forum nazionale dei giovani (che raccoglie più di 75 organizzazioni per una rappresentanza di 4 milioni di persone) e il Cnel.
All’interno delle professioni, poi, i giovani guadagnano redditi inferiori alla media della propria categoria di appartenenza. Gli under 35 sono meno presenti tra i notai, dove quasi il 90% degli iscritti ha più di 40 anni. "Un dato che rispecchia tutte le difficoltà che incontra chi voglia intraprendere la professione: l’iter formativo, la restrizione della sedi disponibili, la necessità di superare un concorso bandito con scadenze irregolari, i tempi di correzione delle prove concorsuali (che in alcuni casi secondo i testimoni intervistati arrivano fino a due anni)", si legge nel rapporto. Più del 50% dei notai ha un’eta superiore ai 50 anni. Situazione analoga anche tra i medici, dove gli over 45 sfiorano il 75%, poco distanti commercialisti e contabili dove più del 70% degli iscritti all’ordine supera i 40.
Seguono, per presenza di giovani tra i propri iscritti, gli architetti e i consulenti del lavoro, dove gli under 45 sono poco più del 50%. Mentre le professioni "che fanno meglio" sono il giornalismo, dove oltre un quarto ha meno di 35 anni e il 60% ha meno di 45 anni, gli psicologi (gli under 40 sono il 65%), e gli avvocati (hanno meno di 45 anni oltre il 60%).
Tra i fattori che incidono su questa scarsa presenza delle nuove leve ci sono il percorso di accesso per l’iscrizione all’albo, il modo in cui è organizzata la formazione universitaria e la crisi economica. "Molti albi professionali hanno istituito apposite sezioni per i laureati che concludono il primo triennio, scelta che dovrebbe pertanto comportare una maggiore presenza giovanile negli ordini – si legge nel rapporto – tuttavia, in molti casi le reali possibilità lavorative per i professionisti appartenenti alle sezioni B (o junior) sono piuttosto ristrette". Ci troviamo in una fase di assestamento, in cui il raccordo tra mondo universitario e del lavoro "stenta a decollare" e non è chiaro il collocamento delle nuove figure professionali che terminano le lauree triennali, precisa lo studio.
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