Il Nutella Day – che si celebra ogni 5 febbraio – si è conquistato quest’anno una moneta d’argento celebrativa della Zecca di Stato per la serie delle Eccellenze del made in Italy andata anche alla Lettera dell’Olivetti (nel 2020) e alla Vespa della Piaggio (nel 2019).
D’altronde – si legge in un focus di 9Colonne – stiamo parlando del vessillo di una grande impresa familiare del Made in Italy, diventata la crema spalmabile al cacao più celebre del mondo, prodotta in 365mila tonnellate all’anno. Nel 2005 a Gelsenkirchen, in Germania, circa 30mila persone si radunarono per partecipare alla più grande colazione continentale a base di Nutella mai realizzata al mondo.
Poi Sara Rosso, blogger degli Stati Uniti (paese in cui sono stati anche aperti fast food dedicati: nel 2017 a Chicago e nel 2018 a New York) decise che la crema made in Italy meritasse una festa tutta sua e, il 5 febbraio 2007, lanciò sui social l’hashtag #worldnutelladay trasformando la sua passione in un fenomeno globale. Ed il successo fu tale che, nel 2015, Rosso cedette l’esclusività del marchio World Nutella Day direttamente a Ferrero.
Il gruppo dolciario ha un fatturato che si aggira intorno ai 12 miliardi di euro e le vendite, anche nel 2020 dello scoppio della pandemia da Covid-19, sono aumentate di circa il 1,5% con primi mercati Stati Uniti, Germania, Francia oltre che Italia. Il gruppo Ferrero ha 31 stabilimenti produttivi nel modo (di cui tre operanti nell’ambito delle imprese sociali in Africa e Asia), è presente in 53 Paesi con oltre 34mila collaboratori ed i suoi prodotti sono commercializzati in 170 paesi.
Inoltre con la Ferrero Hazelnut Company, che raggruppa la filiera della nocciola, ha otto impianti di lavorazione e sei aziende agricole.
Una grande impresa familiare la cui storia comincia nel 1942 quando Pietro Ferrero – insieme al fratello Giovanni ed alla moglie Piera Cillario – apre una pasticceria ad Alba, in via Rattazzi, lanciando l’idea di utilizzare le nocciole piemontesi per creare un pasto calorico ma allo stesso tempo dal costo contenuto che sostituisse pane e pomodori, il tipico pasto dei lavoratori di quegli anni.
Nel 1946 trova la formula giusta: una crema a base di nocciole che chiama Pasta Gianduja e poi Giandujot, associandola al famoso cioccolatino torinese. Si tratta di un impasto di crema in carta stagnola che si può facilmente trasportare per essere tagliato e spalmato sul pane. Ne produsse una piccola quantità, da vendere ai negozianti di Alba. La crema riscosse un enorme successo da parte dei consumatori, anche tra i più piccoli, pubblico che Piero inizialmente non aveva considerato, invece si rivelò un dolce economico per la merenda e la gola dei bambini.
Un chilo di questa specialità costava 600 lire contro le 3mila lire di un chilo di cioccolato.
Nel febbraio del 1946 la produzione è di tre quintali e alla fine dell’anno si arriva ad oltre mille. I dipendenti salgono a una cinquantina per arrivare a un centinaio l’anno successivo. La richiesta del prodotto incrementò così tanto che la sola produzione artigianale non era più possibile.
Nasce così l’azienda Ferrero&C.
Per far fronte alla richiesta si dovette incrementare la produzione e assumere nuovi lavoranti. Sorge la prima fabbrica su un terreno acquistato qualche anno prima ad Alba, in via Vivaro (dove oggi sorge la Fondazione dedicata agli ex-dipendenti e alla promozione di iniziative culturali).
Il 14 maggio 1946, con atto costitutivo alla Camera di commercio, nasce ufficialmente l’industria Ferrero. Pietro coinvolge anche il fratello Giovanni a cui affida l’organizzazione della vendita e la creazione di una rete di distribuzione diretta tra fabbrica e acquirenti. È in questo contesto che Michele, allora 20enne figlio di Pietro, comincia a collaborare con il padre.
Nel settembre 1948 un’alluvione del Tanaro allaga lo stabilimento di Alba, che rimane isolato. I dipendenti, anche per tutelare il proprio lavoro, si adoperano al ripristino della normalità e ripresa della produzione. Lavorano per quattro giorni ma ce la fanno e la fabbrica, alla fine del mese, torna attiva come prima.
Il 2 marzo 1949 Pietro Ferrero muore, forse colpito da un infarto, stremato, si dice, dalla frenetica attività di distribuzione che effettuava personalmente, guidando la sua Topolino per le strade del Piemonte. Alla conduzione dell’azienda subentrano la moglie e il fratello Giovanni Ferrero che espande la vendita e distribuzione dei propri prodotti, direttamente dalla fabbrica al dettagliante, con furgoncini specifici e crea le fondamenta del forte radicamento dell’azienda al territorio: nel 1952 acquista il castello di Cravanzana e ne fa una colonia estiva per i figli dei dipendenti della sua fabbrica e poi, nel 1955, trasforma il castello nella sede dell’Istituto professionale per l’Agricoltura dell’Alta Langa Ferrero.
Nell’ottobre del 1957, alla morte di Giovanni, la guida dell’azienda passa interamente nelle mani del 32enne nipote Michele, cui spetterà il lancio dell’iconica Nutella. I primi vasetti uscirono il 20 aprile 1964 dalla fabbrica di Alba e la diffusione all’estero iniziò due anni dopo dalla Francia.
Negli anni Michele Ferrero lancerà sul mercato altri prodotti dolciari di successo, mirati ad un preciso target femminile: la casalinga, madre, zia, moglie che va a fare la spesa per tutta la famiglia e che Michele chiama affettuosamente “La Valeria” e puntando fortemente sul marketing pubblicitario, a partire dai Carosello: nel 1956 il Mon Chéri, nel 1968 il Kinder cioccolato (linea che oggi rappresenta circa il 50% del fatturato), l’anno seguente le caramelle Tic Tac, nel 1974 il Kinder Sorpresa, nel 1982 il Ferrero Roché.
La Nutella nasce dall’esigenza di trovare un nuovo nome alla crema di Gianduijot della Ferrero, facile da pronunciare ed orecchiabile anche al di fuori dell’Italia (una unione di nut, “nocciola” in inglese, e il suffisso italiano ella). Insieme al nome della crema al cioccolato cambia anche la formula, che si presenta più densa e viene registrata come formula segreta.
Il cammino internazionale dell’azienda cuneese comincia, come detto, fin dagli anni del boom economico. Passaggio fondamentale l’inaugurazione, nel 1956, del primo stabilimento di produzione in Europa, in Germania, seguito poco dopo da uno in Francia e, a seguire, da uffici commerciali e unità produttive in Belgio, Paesi Bassi, Austria, Svizzera, Svezia, Regno Unito, Irlanda e Spagna.
E’ proprio assumendo una interprete in azienda, Maria Franca Fissolo, nel 1961, che Michele Ferrero trova anche sua moglie.
Nei decenni successivi l’azienda diventa quindi una multinazionale espandendosi con nuove aziende e siti produttivi anche in Nord e Sud America, Sud-Est Asiatico, Europa orientale, Africa, Australia e, più recentemente, in Turchia, Messico e Cina.
Nel 1978 viene inaugurato il primo stabilimento fuori dai confini europei: in Australia, a Lithgow, vicino Sydney. Numerose le acquisizioni internazionali tra le quali si ricordano, nel 2015, quella dell’azienda inglese Thorntons. Nel 2016 viene rilevato dalla inglese United Biscuits il suo marchio di biscotti e, nel 2017, entra nel gruppo Ferrero Fannie May Confections Brands, società statunitense specializzata nel cioccolato premium e i relativi marchi controllati (tra cui Harry London).
Nel 2018 Ferrero rileva le attività dolciarie di Nestlé negli Stati Uniti per 2,8 miliardi di dollari, acquisendo la titolarità sul mercato americano dei marchi Crunch, Butterfinger, BabyRuth, 100Grand, Raisinets, Wonka ed i relativi stabilimenti di produzione in Illinois. Nel 2019 acquisisce da Kellogg Company alcuni brand di biscotti e snack del celebre marchio negli Stati Uniti (compresi sei stabilimenti in Kentucky e due in Illinois) e dal colosso americano Campbell Soup la sua controllata danese Kelsen Group. Di recente è stata inoltre creata una sussidiaria di Fine Biscuits Company, The Fine Lab.
Le redini del colosso di famiglia, nel 1997, passano nelle mani dei figli di Michele (scomparso nel 2015): Giovanni e Pietro (che nel 2011 verrà stroncato da un infarto, a soli 47 anni, mentre si allenava con l’amata bicicletta a Città del Capo).
Il 57enne Giovanni Ferrero, con un patrimonio di 22,6 miliardi di euro, è oggi considerato l’uomo più ricco d’Italia, davanti al fondatore di Luxottica Leonardo Del Vecchio, settimo nella classifica dei “paperoni” europei e 32mo in quella mondiale. Coltiva una passione anche per la scrittura. Ha infatti pubblicato sei romanzi, l’ultimo pubblicato nel 2016, il poliziesco “Il cacciatore di luce”, ambientato a Città del Capo.