Focus sulla pasta italiana sulle pagine del Corriere del Mezzogiorno. Durante il lockdown i consumi globali sono cresciuti del 24% specialmente in Italia che con i suoi 23,1 chili pro-capite l’anno assieme a Tunisia (17) e Venezuela (12) è in cima al podio dei cosiddetti pasta lovers.
Ma a prescindere dai pastaioli in generale, una persona su 4 ha aumentato il consumo di primi piatti durante il lockdown optando per un comfort food sano, pratico, sostenibile e buono.
A dirlo è la ricerca “Il consumo di pasta durante il lockdown” commissionata da Unione Italiana Food e Agenzia Ice a Doxa, che ha intervistato un campione di oltre 5mila persone in Italia, Germania, Francia, Uk e Usa. Questi Paese rappresentano più di un terzo del consumo mondiale di pasta e sono i primi mercati di riferimento per la pasta italiana, che ormai destina all’export il 60% della sua produzione.
In particolare, 6 italiani su 10 mangiano pasta ogni giorno senza alcuna differenza tra età e con un lieve picco al centro-sud. Mentre oltre il confine anche francesi, tedeschi, inglesi e americani sembrano apprezzarla molto.
In tutti i Paesi coinvolti dall’indagine, la maggioranza della popolazione la consuma in media da 1 a 4 volte a settimana, in percentuali che variano dal 56% degli americani all’85% dei francesi, passando per il 61% dei tedeschi.
Ogni Paese ha il proprio formato preferito: corta e rigata in Italia, lunga nel Regno Unito e negli Usa, fresca per i tedeschi che spesso la mangiano ripiena, e corta e liscia per i francesi. Su una cosa sono però tutti d’ accordo: la pasta made in Italy è la prima scelta nella dispensa globale. È la preferita per il 72% delle famiglie inglesi, per il 68% di quelle francesi, per il 54% di quelle tedesche e per il 48% di quelle statunitensi.