L’accordo fiscale tra Roma e Berna non si deve fare. Si allarga il fronte dei ‘no’ a quello che nei giorni scorsi sembrava l’uovo di Colombo per raggranellare fondi ‘freschi’ tanto utili in questo momento di crisi: recuperare parte dei soldi che i connazionali del Vecchio Continente hanno stipato negli anni nei forzieri elvetici. E ormai i contrari sono ‘trasversali’: dai socialdemocratici tedeschi pronti a bloccare l’accordo fino all’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti convinto che l’unica via percorribile sia quella europea. Quella che non consente alcuna forma di anonimato.
Il dibattito sull’argomento e’ decollato nuovamente pochi giorni fa dopo l’incontro proprio in Svizzera, a Silvaplana (molti parlano ormai del ‘Silvaplana-draft’, riferendosi ad un possibile trattato), tra il premier Mario Monti e il Presidente della Confederazione Eveline Widmer-Schlumpf. Proprio in quell’occasione molti parlarono di una cifra recuperabile tra i 30 e i 40 miliardi su circa 160. ‘Non esiste – commenta Tremonti – da un eventuale accordo con la Svizzera l’Italia potrebbe ricavare per par condicio meno dei 2,5 miliardi gia’ previsti dall’accordo con la Germania’. Molto meno dunque. L’ex ministro ritiene cosi’ ‘perfettamente condivisibile’ la posizione espressa dai socialdemocratici tedeschi (‘l’accordo e’ morto’) e in particolare quella del loro leader, Sigmar Gabriel, che aveva paragonato il sistema bancario elvetico alla ‘criminalita’ organizzata’. Questo clima decisamente piu’ teso Berna-Berlino spinge Tremonti a mettere in dubbio che un accordo Berna-Roma sia perseguibile: ‘se l’accordo salta con la Germania figuriamoci con l’Italia’. Quindi – aggiunge – ‘credo che la commissione Europea e l’Ecofin abbiano il diritto e il dovere, chiuso questo tentativo di fase pattizia, di fare valere le giuste ragioni formalizzate nell’Eurodirettiva sul risparmio. Mi sembra l’unica via percorribile a tutela dell’interesse erariale dell’Unione e dell’Italia’. Un dato emerge – ironizza Tremonti – ‘la cifra tedesca e’ 180 miliardi, quella italiana 160. Il differenziale di lealta’ fiscale tra i due paesi piu’ o meno corrisponde al differenziale di Pil, segno che gli evasori ci sono anche in Germania’.
Il nodo della questione – spiegano fonti tecniche – sarebbe che un accordo sul genere di quello tedesco si trasformerebbe in una sorta di condono sul passato con una cifra irrisoria rispetto allo stock. Ma soprattutto in una ‘licenza’ per evadere in futuro garantendo comunque l’anonimato dei clienti e – accusano i socialisti tedeschi – garantendogli mezzi per esportare i capitali nelle ‘lavanderie di soldi’ cinesi prima che gli accordi entrino in vigore. Insomma l’accordo con la Svizzera – spiegano sempre le fonti – sarebbe un condono sul passato e porterebbe a un flusso di ritenute sul futuro che dovrebbe colpire si’ una base piu’ ampia ma con aliquote piu’ basse. La Confederazione intanto prende tempo e rimanda al 2013 i progetti per richiedere ai clienti stranieri delle banche se rispettano o meno gli obblighi fiscali nel proprio Paese. Banche che intanto guadagnano sempre meno con un ‘peso’ sul Pil al 6,1% del 2011 e che scendera’ entro il 2015 sotto la soglia del 6%.
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