Il diciottenne che ha aperto il fuoco sulla folla nella notte a pochi chilometri dalla capitale finlandese Helsinki, uccidendo due coetanei e ferendo altre sette persone, per il paese nordico dove si ha compiuto il gesto e le giovani vittime, fa inevitabilmente pensare a Anders Behering Breivik, 32 anni, che lo scorso 22 luglio sconvolse la Norvegia uccidendo 77 persone: 9 in un attacco dinamitardo a Oslo e 69 sparando all’impazzata nel campo estivo dei giovani laburisti sull’isoletta di Utoya.
Aveva pianificato tutto con estrema cura, aveva acquistato i componenti per costruire l’ordigno da far deflagrare nel cuore del Regieringskvartalet, il ‘quartiere del governo’ a poche centinaia di metri dal Parlamento. E li aveva assemblati in una fattoria in mezzo alla campagna affittata solo tre mesi prima, il 17 aprile.
Un attentato di ‘depistaggio’ che doveva servire (e cosi’ e’ stato) per attirare gli uomini dell’antiterrorismo e i soldati dell’esercito nel cuore della capitale norvegese, senza prestare attenzione a quell’uomo vestito da poliziotto che si dirigeva verso Utoya, dove 650 giovani attivisti del Partito laburista erano riuniti per il tradizionale appuntamento estivo per una vacanza di formazione.
Contro di loro ha scatenato la sua furia omicida sparando senza sosta prima di arrendersi alla polizia senza opporre resistenza dopo essersi reso conto di non avere piu’ vie d’uscita. Ma dal suo primo sparo era passata un’ora e mezza e i dodici ettari di abeti e betulle erano ormai trasformati in un inferno disseminato di cadaveri.
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